Autore: Umberto Eco
Editore: Bompiani
Pagine: 451
Voto: 1/5
Pagina di Anobii
Trama del libro: (occhio: spoiler]
Yambo e sua moglie Paola vivono a Milano dove il protagonista ha anche lo studio bibliografico. Colpito da un ictus si risveglia dopo alcuni giorni completamente senza memoria relativamente alla sua storia passata, mentre molte altre conoscenze gli sono restate. Per ritrovare la memoria perduta deciderà, spinto dalla moglie, di recarsi fra Langhe e Monferrato dove lo attende la casa dell'infanzia con i propri ricordi materiali. Riscoprendo vecchi quaderni, le antiche letture, i dischi della sua giovinezza, riesce pian-piano a recuperare parte del suo passato. Ma la scoperta, nella biblioteca del nonno, di un antico libro, che aveva inutilmente cercato durante la sua carriera professionale precedente, gli provoca un nuovo ictus che lo fa ripiombare in uno stato d'incoscienza, in cui però riesce a recuperare tutti i ricordi che ancora gli mancavano, ma come Martin Eden protagonista dell'omonimo romanzo di Jack London, che era stato uno dei suoi testi di formazione: "nello stesso istante in cui seppe, cessò di sapere."
Commento personale e recensione:
Non basta chiamarsi Umberto Eco per scrivere un bel romanzo. Certo, nulla da dire sul modo in cui riesce a mettere una dietro l'altra le parole e le frasi, così da creare un cortina letteraria di prim'ordine. Peccato che sia tanto fumo e poco arrosto. La forma lo si sa, non è il contenuto. La trama è improbabile ed addirittura noiosa: l'unico che può avere un minimo di curiosità ad andare avanti è il personaggio della storia. lo deve fare, però, per interesse personale, perchè ha perso la memoria e cerca di ritrovarla attraverso il tediosissimo tentativo di Eco di farci vedere quanto è colto. Basandoci su questo libro, sembrerebbe poco, ad ogni modo. Il percorso che intraprende per scoprire qualcosa di se stesso, parte dall'infanzia e qui l'autore sembra si limite a descrivere l'inventario della roba che il mi' nonno teneva in cantina. Magari può essere interessante per un nostalgico di sessanta o settanta anni, ma niente di più. Un momento da lacrimuccia che scende, insomma, solo se qualcuno è fortemente sensibile ed impressionabile nel vedere (grazie alle illustrazioni) la copertina de "La teleferica misteriosa" o sentir parlare della vecchia Phonola che ancora funziona. Dai, dico sul serio: è da martellate sulle palle. Non decolla mai, non si sa mai dove vuole arrivare. Poi gli mancano le idea, prova ad usare un colpo di scena e... Niente. Non dico che era prevedibile, ma proprio che non sa di niente. Il tipo muore finalmente. Meno male. Se lo avesse scritto Mario Rossi forse sarei stato meno cattivo nella recensione.
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