venerdì 21 marzo 2025

L'Infernale Quinlan (1958)


Regia: Orson Welles
Anno: 1958
Titolo originale: Touch Of Evil
Voto e recensione: 7/10
Pagina di IMDB (7.9)
Pagina di I Check Movies
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Film:

L’infernale Quinlan – Il crepuscolo del noir perfetto

"L’infernale Quinlan" (Touch of Evil, in lingua originale) è uno di quei film che non smettono mai di sorprendere, anche se si conosce già ogni inquadratura. È un noir denso, sporco e quasi febbricitante, che oscilla tra l’ipnosi visiva e l’oppressione morale, avvolgendo lo spettatore in un’atmosfera tanto viscerale quanto decadente.

Essendo un amante del genere ed in potenza (ne ho visti davvero pochi) di Orson Welles, non potevo che restare soddisfatto. Questo film è il punto d’incontro tra il noir classico e la sua dissoluzione: è ancora pieno di ombre nette, di uomini cinici e di donne pericolose, ma è anche un’opera che sembra tradire le regole stesse del noir, deformandole fino a renderle quasi irriconoscibili.

Un inizio travolgente

La celebre scena iniziale è già un capolavoro a sé stante: un piano sequenza magistrale che segue la traiettoria di un’autobomba, incrociando le vite dei protagonisti con una fluidità che oggi ancora lascia a bocca aperta. Il confine tra Messico e Stati Uniti non è solo una linea fisica, ma il simbolo di una frontiera morale che verrà continuamente oltrepassata. Qui tutto è ambiguo: la giustizia, il crimine, la verità.

L’ombra di Quinlan

Il personaggio di Hank Quinlan (interpretato da Welles stesso) è monumentale. Gigantesco nel fisico e nella presenza scenica, è la vera anima del film. Un poliziotto corrotto, ma non nel senso banale del termine: non è mosso dall’avidità, ma da una sua perversa concezione della giustizia. Per lui, il fine giustifica i mezzi, anche se significa fabbricare prove o eliminare ostacoli. È un uomo che ha perso tutto, che vive nel rimpianto e nell’autodistruzione, ma che si rifiuta di mollare la presa. In un certo senso, è il noir fatto persona: una figura decadente, inghiottita dall’ombra che lui stesso ha proiettato per tutta la vita.

Charlton Heston, nei panni di Vargas, il giovane ispettore messicano, è il suo opposto: idealista, corretto, ma sempre più smarrito in una rete di inganni e doppi giochi. E Janet Leigh, nei panni della moglie, è il perno attorno a cui ruotano tensioni razziali, soprusi e violenze psicologiche (e non solo).

Messa in scena e atmosfera

Visivamente, il film è un incubo a occhi aperti. Le inquadrature sghembe, i primi piani distorti, le ombre pesanti che sembrano inghiottire gli attori: Welles usa ogni trucco possibile per immergerci in un mondo instabile, torbido, quasi irreale. La città di confine è un purgatorio di anime perdute, dove la notte è interminabile e le strade sembrano sudicie anche quando non lo sono.

Le sequenze più memorabili sono cariche di una tensione quasi onirica: il motel in cui Janet Leigh viene intrappolata in un’atmosfera di minaccia silenziosa, il confronto finale tra Quinlan e il suo destino, la colonna sonora jazz che si mescola ai suoni ambientali, rendendo tutto più febbrile e disturbante.

Un noir oltre il noir

Welles non si limita a raccontare una storia criminale: Touch of Evil è il canto del cigno del noir classico, ma è anche la sua evoluzione. Il bianco e nero è ancora lì, ma sporco, deformato, quasi gotico. La morale è sempre più confusa, e i protagonisti non sono più eroi o antieroi, ma pedine in un gioco in cui tutti, in qualche modo, sono colpevoli o destinati a soccombere.

Quinlan non è solo un cattivo. È il simbolo di un mondo che sta scomparendo, di un’autorità che crolla sotto il peso della sua stessa corruzione. E il finale, con il suo misto di pietà e ineluttabilità, è uno dei più potenti del genere.

Conclusione

"L’infernale Quinlan" non è solo un noir straordinario, è un’opera d’arte che continua a rivelare dettagli e sfumature a ogni visione. È il lato più cupo del sogno americano, un affresco di potere e rovina, un’esperienza che lascia addosso il sapore amaro della polvere e del sudore. Se ami il noir e Welles, non puoi che rimanere affascinato da questa discesa negli abissi dell’animo umano.

Edizione: Special Edition doppio bluray

Edizione rilasciata dalla Sinister che  prevede una slipcover verticale in cartoncino purtroppo molto sottile. Abbiamo comunque due artwork, uno sulla custodia. Questa contiene oltre ai due dischi BD 50, anche un booklet a colori di ben 32 pagine ed un poster in formato A3 con la locandina originale. I dischi sono così suddivisi:

Disco 1 con traccia italiana in DTS HD MA stereo:
  •  Theatrical version da 95 minuti in doppio formato (4:3 e 16:9)
  • Preview version da 110 minuti in 16:9
  •  Trailer
Disco 2 con traccia italiana Dolby  Digital stereo:
  •  Reconstructed Director's Cuta da 110 minuti in doppio formato (4:3 e 16:9)
  • Commento audio di Charlton Heston, Janet Leigh e Rick Schmidlin
  • Making of (38 minuti)
  • Galleria fotografica 
 

Starlink in viaggio: il regalo perfetto o un inutile peso?

 


Certe amicizie sono fatte di birre condivise, battute al limite del legale e viaggi improvvisati. Altre ti regalano Starlink.

Quando Gettons mi ha fatto recapitare il pacco, ho pensato a uno scherzo. Io, che parto con uno zaino leggero e cerco di staccarmi dalla rete il più possibile, ora mi trovavo tra le mani un’antenna satellitare. "Così puoi scrivere sul blog anche dalla cima del mondo," mi ha detto ridendo in videochiamata. E in effetti, la prospettiva di aggiornare VER dal nulla più assoluto aveva un certo fascino.

Connessione ovunque: mito o realtà?

La prima prova l’ho fatta quasi per gioco. Ho piazzato l’antenna nel punto più isolato che potessi raggiungere senza troppe difficoltà, e in pochi minuti ero online. Niente più dipendenza da Wi-Fi scadenti o hotspot ballerini: internet ovunque, sempre, con velocità degne di casa.

Sul momento, mi è sembrato geniale. Ma poi è arrivata la domanda: ne avevo davvero bisogno? Probabilmente sì, e meglio averlo che non averlo. 

Starlink: sogno o incubo per un viaggiatore?

PRO:
Copertura totale – Montagne, spiagge, boschi… finché hai visibilità sul cielo, sei connesso.
Velocità assurde – Perfetto per caricare foto, scrivere articoli e persino vedere un film in tenda.
Indipendenza assoluta – Niente più attese per una tacca di segnale.

CONTRO:
Ingombro – Non proprio tascabile. Zaino minimal? Dimenticalo. Potrei però farmi regalare anche uno sherpa. 
Consumo energetico – Senza un buon power bank o un generatore, sei fritto.
Tentazione costante – L’idea di rimanere offline diventa un’utopia. L'ho inserita tra le cose negative, solo per far numero. 

Verdetto finale: lo tengo o lo restituisco?

Dopo qualche viaggio mentale , ho capito che Starlink non è un giocattolo qualsiasi. Se vuoi lavorare in remoto mentre esplori, è il Santo Graal. Se invece vuoi perderti davvero, può essere un’ancora pesante. Alla fine, ho deciso di tenerlo, ma con una regola: accenderlo solo quando serve davvero.

Quindi grazie, Gettons. Forse è un lusso, forse è un peso, ma almeno ora posso scrivere sul blog da qualsiasi angolo di mondo. Anche se ogni tanto, offline, si sta ancora meglio.


giovedì 20 marzo 2025

Stanza per retrograming

 
Siccome sto leggendo Rabbits, che mi gasa da morire, e siccome mi sono anche un po' dedicato al retrograming, ho chiesto alla mitica VIKI di descrivere una stanza dedicata, come potrebbe essere. Siccome sono anche un furbo affarista, su alcuni prodotti inserisco il link per l'acquisto su Amazon, mi raccomando, non fate le lesine.

Immagina di entrare in una stanza dedicata interamente al retrogaming, un vero e proprio tempio della nostalgia per gli amanti degli anni '80 e '90.

Atmosfera e Decorazioni

Le pareti sono coperte da poster e locandine vintage di giochi iconici come Super Mario Bros., Street Fighter II, The Legend of Zelda e Sonic the Hedgehog. Neon colorati illuminano la stanza con scritte in pixel art e loghi di console storiche come NES, Sega Mega Drive e SNES.
Un angolo della stanza è rivestito con carta da parati a tema pixel-art, che ricorda i primi giochi arcade, mentre il soffitto ha delle strisce LED RGB per creare un’illuminazione dinamica.

Setup Gaming

Al centro della stanza troneggia un vecchio televisore a tubo catodico (CRT) da 21-29 pollici, perfetto per garantire l’input lag zero e la qualità visiva originale delle console retro. Accanto, un moderno schermo piatto per chi vuole una versione aggiornata dei giochi retrò con scaler video.

Sotto la TV, una parete attrezzata ospita una collezione di console d’epoca perfettamente funzionanti:

  • NES, SNES, Sega Mega Drive, PlayStation 1, Nintendo 64, Dreamcast e Atari 2600.
  • Un Commodore 64 e un Amiga 500 con floppy disk originali.
  • Un cabinato arcade con più di 1000 giochi, dotato di joystick e pulsanti in stile anni ‘80.

Tutti i controller sono ordinati su una parete espositiva, pronti all’uso.

Zona Multiplayer e Relax

Accanto all’angolo gaming, un divano anni ‘90 con tessuto a fantasia geometrica e un paio di bean bags colorati permettono di rilassarsi e godersi le sessioni di gioco in compagnia. Un mini frigo in stile anni ‘80 offre bibite gassate e dispenser snack nostalgici 

Un angolo è dedicato ai giochi da tavolo e riviste vintage, con numeri storici di Club Nintendo, The Games Machine e Zzap! da sfogliare tra una partita e l’altra.

Extra Immersivi

  • Un jukebox  - radio retrò che trasmette colonne sonore 8-bit e synthwave.
  • Una lavagnetta luminosa dove gli ospiti possono scrivere i loro record e lasciare messaggi nostalgici.
  • Action figure e gadget d’epoca, come i Tamagotchi appesi o le cartucce del Game Boy in esposizione.

Questa stanza non è solo un posto per giocare, ma un portale che riporta direttamente agli anni d’oro del videogioco, con un’atmosfera che sa di sale giochi, pomeriggi dopo la scuola e nottate passate a cercare di battere un boss difficile.


mercoledì 19 marzo 2025

Westworld - Dove Tutto E' Concesso [Stagione 1]


Anno: 2016
Titolo originale: Westworld
Numero episodi: 10
Stagione: 1
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 Sapevo dell’esistenza di Westworld, ma non mi ero mai avvicinato alla serie fino a poco tempo fa. Ora che ho visto la prima stagione, posso dire che ho fatto bene ad aspettare il momento giusto, ma sono anche un po' dispiaciuto per aver concesso tempo e fatica ad altre decisamente inconsistenti: mi ha completamente catturato, soprattutto da metà in poi, quando i temi esplodono e i continui salti temporali iniziano a incastrarsi in un puzzle avvincente.

L’idea di base è già intrigante di suo: un parco a tema western dove gli ospiti umani possono fare ciò che vogliono con gli androidi, chiamati “residenti” . Ma non ci troviamo di fronte a una semplice storia di robot ribelli. Qui si parla di coscienza, memoria, libero arbitrio e manipolazione. I residenti credono di avere scelte, ma sono solo marionette in un copione scritto da altri. E gli esseri umani? Sono poi così diversi?

Il racconto si dipana seguendo personaggi chiave, tutti ben costruiti e con archi narrativi che, pezzo dopo pezzo, svelano il grande disegno. Dolores è il volto dell’evoluzione: da ragazza ingenua del West a qualcosa di più profondo e inaspettato. Maeve, invece, è il personaggio che forse mi ha intrigato di più: la sua scalata alla consapevolezza, il modo in cui prende in mano il suo destino (o almeno crede di farlo) è pura adrenalina. William e l’Uomo in Nero aggiungono un livello di mistero e ambiguità che ho apprezzato sempre di più con il passare degli episodi, mentre il Dr. Ford, con il suo sguardo onnisciente, guida il tutto come un burattinaio silenzioso. In molti sono creta nelle sue mani ed in molti sono le sue palline rimbalzine.

Ciò che mi ha davvero gasato, però, è stata la struttura narrativa. I continui flashback, che inizialmente sembrano semplici frammenti di ricordi o addirittura trame sulla stessa linea temporale, si rivelano invece fondamentali per svelare l’inganno che permea l’intera storia. Ogni pezzo si incastra al posto giusto, e più si va avanti, più tutto assume senso. Quando ho iniziato a intuire dove volesse andare a parare, il coinvolgimento è schizzato alle stelle.

Rispetto al film del 1973, che puntava di più sulla tensione action con la minaccia rappresentata dagli androidi (come il mitico Yul Brynner nei panni del Gunslinger), la serie ribalta la prospettiva: qui sono gli umani a essere spietati, mentre gli host diventano vittime e, forse, futuri carnefici. Ma è davvero una semplice lotta tra creatori e creature? O c’è qualcosa di più profondo che riguarda tutti noi?

La prima stagione di Westworld è un’esperienza che va oltre il classico sci-fi: è un viaggio mentale che mette in discussione il concetto stesso di esistenza. Se i nostri ricordi fossero solo un’illusione? Se le nostre scelte fossero già scritte? E soprattutto: quanto di quello che crediamo essere libero arbitrio è davvero tale? Domande che rendono questa serie qualcosa di più di un semplice intrattenimento.

Per me, è un grande sì.

L'ultima bottega di Vinca

 
Scrollando lo smartphone in su e giù sono incappato su di una notizia che ha catturato la mia attenzione. Durante le mie escursioni in Apuane , mi capita spesso di passare da Vinca, un piccolo borgo immerso tra le montagne in Alta Lunigiana. Chiunque conosca questo luogo sa che c’è un punto di riferimento imprescindibile: la bottega di Andreina, l’unico negozio del paese, un vero baluardo di resistenza contro lo spopolamento.

Ne parla anche Il Tirreno in un recente articolo, raccontando la storia di questa piccola attività che, da oltre quarant’anni, non ha mai chiuso. Andreina, con la sua determinazione e il suo spirito di servizio, continua a tenere aperto il negozio senza giorni di riposo, garantendo a residenti e viandanti un punto di ristoro e socialità. Non si tratta solo di vendere generi alimentari, ma di mantenere viva un’intera comunità.

Nel mondo attuale, fatto di chiusure e di negozi che scompaiono dai borghi montani, questa storia è un raro esempio di resilienza. Vinca, con il suo paesaggio selvaggio e la sua storia antica, ha in Andreina una custode preziosa, che con il suo lavoro quotidiano impedisce che il paese si spenga del tutto.

La prossima volta che passerò da quelle parti, sarà un piacere fermarmi di nuovo per scambiare due parole e prendere qualcosa nella sua bottega, un piccolo ma fondamentale cuore pulsante di Vinca, e consiglio a tutti di farlo. 

lunedì 17 marzo 2025

Jack Vance - Le Insidie Del Pianeta Tschai

 
Autore: Jack Vance
Anno: 1969
Titolo originale: Servants Of The Wankh
Voto e recensione: 3/5
Pagine: 146
Acquista su Amazon

Trama del libro e quarta di copertina:

Adam Reith ha un solo obiettivo: lasciare il pianeta Tschai e le sue razze bellicose. Ma riparare l'astronave naufragata su quel mondo di mostri non è un'impresa facile, e così ancora una volta il terrestre è costretto a seguire le pericolose rotte dell'avventura. Dopo i Chasch Blu, è ora la volta dei Wankh e dgli altri feroci signori di quel mondo primordiale. Ma se la tecnologia di Tschai è arretrata, non lo è certo la sete di sangue... come Adam Reith imparerà a sue spese.

Commento personale e recensione:


Dopo Naufragio su Tschai , ho proseguito l’esplorazione del mondo di Tschai con il secondo volume della quadrilogia di Jack Vance, Le insidie di Tschai. Ancora una volta, la forza del romanzo sta nelle straordinarie descrizioni delle popolazioni indigene e aliene che abitano questo pianeta esotico e pericoloso. Vance dimostra una maestria unica nel costruire società complesse e diversificate, ognuna con le proprie usanze, regole e assurdità, che a un occhio esterno possono sembrare tanto affascinanti quanto incomprensibili.

La narrazione segue ancora Adam Reith, il terrestre precipitato su Tschai che cerca disperatamente un modo per tornare a casa. In questo secondo capitolo del suo viaggio, il protagonista si confronta con culture sempre più bizzarre e spietate, ognuna con una logica interna che sfida i valori e le convinzioni del lettore. È impossibile non fare un paragone con le innumerevoli civiltà che hanno popolato e popolano la Terra: tradizioni, credenze e strutture sociali che, viste dall’esterno, possono sembrare assurde o contrarie a ogni etica conosciuta, ma che per chi le vive sono perfettamente normali.

Proprio questo è uno degli aspetti più affascinanti della lettura: la capacità di Vance di spingere il lettore a riflettere su quanto la relatività culturale sia un concetto inevitabile. Su Tschai, ciò che per noi è mostruoso può essere considerato normale, mentre ciò che riteniamo scontato può essere visto come un’assurdità. In questo viaggio tra società marcatamente aliene, ci si rende conto di quanto anche la nostra Terra sia un universo di diversità spesso inconciliabili ai nostri occhi. 

Rispetto al primo volume, Le insidie di Tschai prosegue con lo stesso ritmo serrato e l’alternanza di avventura, pericolo e scoperta. Reith continua a destreggiarsi tra alleanze instabili e incontri con creature e individui che potrebbero tradirlo in qualsiasi momento. La tensione è costante, ma ciò che rende il tutto ancora più coinvolgente è proprio il senso di meraviglia che accompagna ogni nuova tappa del viaggio.

Chi ha apprezzato il primo romanzo troverà in questo secondo capitolo un’evoluzione naturale, con nuove sfide e nuovi scorci su un mondo incredibilmente ricco. E chi ama la fantascienza d’avventura con un tocco antropologico non può che restare affascinato dall’universo di Tschai, sebbene proseguendo si trova un po' meno "scienza" e maggiore "fanta".