domenica 28 dicembre 2025

Arrivo al Parco del Pollino

 

Primo giorno di gita. Io e Zizzy, zaini pieni e aspettative pure.

Partiamo di buon mattino, di quelli in cui il caffè serve più a rimettere in moto il cervello che il corpo. Il viaggio è lungo — circa sette ore, soste non comprese — ma fila liscio fino a quando finalmente arriviamo nel Parco Nazionale del Pollino.

Giusto il tempo di realizzare che siamo davvero in vacanza ed ecco spuntare la paletta dei carabinieri. Controllo rapido, qualche battuta e la "classica" domanda se siamo lì a trovare i parenti. No, tranquilli: siamo qui apposta per camminare, respirare e perderci nella natura.

Fa freddo, sì, ma niente di proibitivo. In alto si vede la neve, l’aria è frizzante e sorprendentemente il clima è più clemente di quanto immaginassi. Pensavo decisamente peggio. Invece è uno di quei freddi onesti, che si fanno sentire senza risultare fastidiosi.

Ci sistemiamo nel nostro chalet e facciamo subito amicizia con Michele, il proprietario, uno di quelli che in pochi minuti riesce a farti sentire a casa. Il camino acceso aiuta, il vino fa il resto. A completare il quadro c’è anche un’altra coppia pugliese: atmosfera rilassata, chiacchiere lente, tutto al posto giusto.

Prima che il sole scompaia del tutto, usciamo per un giretto semplice nei dintorni, giusto per sgranchire le gambe e goderci il tramonto. Colori netti, silenzio vero, aria pulita. Il Pollino comincia a farsi sentire, senza alzare la voce.

Con il buio decidiamo di fare un salto a Rotonda, tipico paesino della Basilicata e punto nevralgico per esplorare il Parco. Molte luci, poche persone se non nei , quell’atmosfera sospesa che solo certi borghi sanno regalare.

Si rientra allo chalet stanchi il giusto, con quella sensazione bella di inizio viaggio, quando sai che il meglio deve ancora arrivare.

Domani inizieranno le nostre escursioni.

Album fotografico Arrivo nel Parco del Pollino 

sabato 27 dicembre 2025

Pisa 0 - Juventus 2

 
Prima del risultato e della partita, tengo a ringraziare Roikin. Infatti, appena saputo essere allo stadio come doppio tifoso, gli ho chiesto un autografo da parte di Yildiz. E lui magicamente me lo ha mandato. Tornando alla gara invece abbiamo visto un primo tempo con pochi spazi per la Juventus, ma nessuna chiara occasione da rete nonostante lo strapotere fisico e tecnico. Il Pisa si difende bene anche se in alcune occasioni lascia a desiderare (non sarebbero quasi ultimi altrimenti), ma la Juve non ne approfitta mai ed anzi sono i nerazzurri ad essere più pericolosi con una traversa nel finale. Tanta pressione, ma troppo traffico da parte nostra e pochi fatti. Nella ripresa iniziamo male e prendono nuovamente un palo (poi pure noi), siamo forse meno intensi, ma con i cambi ci ritroviamo ad essere più pericolosi. Negli ultimi venti minuti chiudiamo però la gara e portiamo a casa tre punti preziosi. 

Introduzione al Pollino(i) ed al Kalabria Coast to Coast


 Quest'anno il mio Cammino Del Poverino giunge alla sua IV edizione ufficiale, ma porta con sè grandi novità. Partiamo dall'organizzazione che è stata rimaneggiata e modificata più di una volta: il cammino scelto infatti è stato il Kalabria Coast to Coast, che per brevità (solo tre tappe) e distanze da Piomba doveva prevedere sicuramente numerosi spinoff o un preludio di un certo livello. Iniziato a lavorarci su a settembre non sapevo ancora giorni di ferie, disponibilità e soprattutto se fossi stato da solo a questo giro. Ho studiato e previsto più possibilità, grazie anche alla presenza di Zizzy che mi ha dato l'idea iniziale di includere il Parco del Pollino per spezzare il viaggio. Questo, in corso d'opera si è rivelato poi essere un pilastro portate della gita, croce e delizia però, visti i numerosi luoghi da visitare per rimanere a bocca aperta e la presenza di neve e ghiaccio nelle quote più alte durante il periodo invernale. Devo ammettere che non è stato semplice per i numerosi imprevisti che avrei potuto trovare lungo il cammino organizzativo . Più volte ho modificato le date del Cammino stesso, più volte abbiamo aggiunto o eliminato giorni per il "preludio" del Pollino. E visto che saremo noi, lo ho ribattezzato Pollino(i). La partenza adesso è per domani, causa influenze, febbri, tossi che ci hanno fatto rinviare di un giorno l'arrivo a Rotonda, in Basilicata. Piccolo paesino di tremila anime ci ospiterà per i prossimi cinque giorni, in cui abbiamo già stilato una decina di possibili itinerari trekking da fare e da scegliere in base alle condizioni atmosferiche. Viaggiare con Zizzy è un valore aggiunto inestimabile perchè sa organizzare, si sa adattare come poche altre persone e soprattutto in totale sintonia con me ed io con lei. Mi accompagnerà quindi nella prima parte di questo viaggio, poi le nostre strade si separeranno (solo per pochi giorni): io proseguirò per Lamezia Terme e da qui proseguirò in treno per Soverato da cui inizierò il Cammino del Poverino parte IV. Le tappe del Kalabria Coast to Coast saranno le seguenti:
  1. Soverato - Petrizzi (13,3 KM 716m+ 327m-)
  2. Petrizzi - Monterosso Calabro (23,5 KM 979m+, 1085m-)
  3. Monterosso Calabro - Pizzo ( 19,1 KM 585m+ 864m-)

Fuga Da Pretoria (2020)

 
Regia: Francis Annan
Anno: 2020
Titolo originale: Escape From Pretoria
Voto e recensione: 6/10
Pagina di IMDB (6.8)
Pagina di I Check Movies
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Escape from Pretoria (2020), diretto da Francis Annan, è uno di quei film che partono in sordina e finiscono per stringerti la gola senza mai mollare la presa. Un prison escape movie nel senso più classico del termine, ma rivitalizzato da una messa in scena asciutta e sorprendentemente moderna.

Ambientato nel Sudafrica dell’apartheid e ispirato a una storia vera, il film segue due attivisti anti-regime rinchiusi nel famigerato carcere di Pretoria. La trama è semplice, quasi elementare, ed è proprio qui che Annan gioca la sua partita migliore: niente fronzoli, niente sottotrame inutili, solo un obiettivo chiarissimo e una tensione che cresce scena dopo scena.

Il punto di forza del film sta nell’ansia crescente, costruita con pazienza maniacale. La macchina da presa si sofferma su piccoli gesti ripetuti, dettagli apparentemente insignificanti che diventano cruciali: una chiave, una porta, un rumore fuori tempo. La ripetizione non annoia, anzi, amplifica l’attesa e trasforma ogni minimo progresso in una conquista sudata.

Daniel Radcliffe funziona sorprendentemente bene in un ruolo fisico e concentrato, lontano da ogni tentazione istrionica. Il suo personaggio vive di nervi tesi, sguardi rapidi e silenzi carichi di paura. Il film non ha bisogno di grandi spiegazioni o monologhi: tutto passa attraverso l’azione e la tensione del momento.

Escape from Pretoria riesce così nell’impresa non scontata di tornare a un tema classico come la fuga dalla prigione senza farlo sembrare vecchio. È un film che punta tutto sull’essenzialità, sul tempo che scorre lento e sulla suspense pura, ricordandoci che, a volte, bastano una buona idea e una regia intelligente per tenere lo spettatore incollato allo schermo.

Un thriller solido, teso e coinvolgente, che fa della semplicità la sua arma migliore. Niente effetti speciali, niente clamore: solo serrature, attese e cuore che batte sempre più forte. E tanto basta.

venerdì 26 dicembre 2025

Audioslave - Audioslave

 
Artista: Audioslave
Anno: 2002
Tracce: 14
Formato: CD
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Quando nel 2002 esce Audioslave, l’album omonimo, non è solo un debutto: è un evento. Una di quelle operazioni che sulla carta sembrano quasi un esperimento da laboratorio e che invece, miracolosamente, funzionano. Da una parte Chris Cornell, voce iconica e tormentata dei Soundgarden; dall’altra Tom Morello, Tim Commerford e Brad Wilk, reduci dall’esperienza Rage Against the Machine. Il rischio di un supergruppo senz’anima era altissimo. E invece no.

Questo disco ha una caratteristica rara: non suona mai come una somma di parti. Non è Cornell che canta sui Rage, né i Rage che fanno da backing band a Cornell. È una creatura diversa, più riflessiva, più scura, meno rabbiosa ma non meno intensa. Se i Rage erano pugni chiusi e i Soundgarden tempeste interiori, gli Audioslave sono un fuoco che brucia lentamente.

La copertina, con quella fiamma stilizzata su fondo nero, è perfetta: minimale, elegante, quasi spirituale. Non racconta nulla in modo esplicito, ma prepara all’ascolto. Qui non c’è la furia politica dei Rage, né l’oscurità psichedelica più estrema dei Soundgarden. C’è piuttosto una ricerca di equilibrio, di classicità, quasi di rispetto verso il rock nella sua forma più pura. Chitarra, basso, batteria e una voce che – inutile girarci intorno – è un patrimonio assoluto.

E poi c’è Like a Stone. Sì, la preferita di molti. Sì, la più conosciuta. Ma certe canzoni diventano celebri per un motivo, e non sempre è un motivo banale. Cornell canta come se fosse seduto in una stanza vuota a parlare con se stesso, mentre la band costruisce un tappeto sonoro semplice, solenne, quasi immobile. È una canzone sull’attesa, sulla morte, sulla memoria, detta senza retorica. Arriva diritta al cuore perché non forza nulla: ti prende e basta. E quando finisce, resta quel silenzio pesante che solo i grandi brani sanno lasciare.

L’album nel suo insieme è compatto, muscolare ma mai esibizionista. Morello trattiene i suoi istinti più sperimentali e si mette al servizio delle canzoni, Wilk e Commerford tengono tutto ben ancorato a terra, mentre Cornell si muove tra rabbia, malinconia e una maturità che qui appare chiarissima. È un disco che guarda avanti, ma con entrambi i piedi ben piantati nella tradizione del rock americano.

Riascoltato oggi, Audioslave regge benissimo il tempo. Non suona datato, non ha bisogno di nostalgia per funzionare. È un album serio, nel senso migliore del termine: consapevole, intenso, senza pose inutili.

Non è solo il primo album degli Audioslave. È la dimostrazione che, ogni tanto, i supergruppi possono davvero essere qualcosa di più di un’operazione di marketing. E che una canzone come Like a Stone, per quanto prevedibile, può ancora colpirti dritto dove fa più male. E dove, in fondo, fa anche più bene.


mercoledì 24 dicembre 2025

Set bicchieri Topographic


 Tutti sanno che amo in maniera troppo esagerata le tradizioni. Così, sebbene il regalo del gettons sia arrivato una decina di giorni fa ho fatto il possibile per non aprirlo e tenerlo chiuso fino a pochi minuti fa. D'altra parte è la Vigilia di Natale e i regali si scartano in questo giorno. Sempre come da tradizione il TOM ha voluto fortemente, esigendolo, un piccolo articolo su questo regalo. Tradizione che si è inventato lui, ma un articolo su VER è pur sempre cosa buona e giusta quindi ho deciso di accontentarlo. Mi viene da dirgli "grazie mille zio, regalo molto gradito", ma un uccellino mi spiffera che per lui non sarebbe abbastanza come ringraziamento. Potranno mai le parole essere capaci di descrivere la mia felicità a riguardo? No, quindi è inutile che le scriva. Passiamo adesso al regalo in sè: si tratta di un set di quattro bicchierini. La grandiosità però sta nel fatto sono un "tour" tra le montagne italiane più famose, come le Tre Cime di Lavaredo, il Monte Rosa, il Cervino e il Tofane. Le loro silhouette sono soffiate a bocca artigianalmente in verticale all'interno di ogni bicchiere e rimodellati in 3D. Un connubio tra tradizione e modernità. Come dicono in Francia... per uno shot vertiginoso quanto le vette alpine.