Primo giorno di gita. Io e Zizzy, zaini pieni e aspettative pure.
Partiamo di buon mattino, di quelli in cui il caffè serve più a rimettere in moto il cervello che il corpo. Il viaggio è lungo — circa sette ore, soste non comprese — ma fila liscio fino a quando finalmente arriviamo nel Parco Nazionale del Pollino.
Giusto il tempo di realizzare che siamo davvero in vacanza ed ecco spuntare la paletta dei carabinieri. Controllo rapido, qualche battuta e la "classica" domanda se siamo lì a trovare i parenti. No, tranquilli: siamo qui apposta per camminare, respirare e perderci nella natura.
Fa freddo, sì, ma niente di proibitivo. In alto si vede la neve, l’aria è frizzante e sorprendentemente il clima è più clemente di quanto immaginassi. Pensavo decisamente peggio. Invece è uno di quei freddi onesti, che si fanno sentire senza risultare fastidiosi.
Ci sistemiamo nel nostro chalet e facciamo subito amicizia con Michele, il proprietario, uno di quelli che in pochi minuti riesce a farti sentire a casa. Il camino acceso aiuta, il vino fa il resto. A completare il quadro c’è anche un’altra coppia pugliese: atmosfera rilassata, chiacchiere lente, tutto al posto giusto.
Prima che il sole scompaia del tutto, usciamo per un giretto semplice nei dintorni, giusto per sgranchire le gambe e goderci il tramonto. Colori netti, silenzio vero, aria pulita. Il Pollino comincia a farsi sentire, senza alzare la voce.
Con il buio decidiamo di fare un salto a Rotonda, tipico paesino della Basilicata e punto nevralgico per esplorare il Parco. Molte luci, poche persone se non nei , quell’atmosfera sospesa che solo certi borghi sanno regalare.
Si rientra allo chalet stanchi il giusto, con quella sensazione bella di inizio viaggio, quando sai che il meglio deve ancora arrivare.
Domani inizieranno le nostre escursioni.
Album fotografico Arrivo nel Parco del Pollino




