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domenica 16 agosto 2009

Day 7: Death Valley, la sorpresa più inattesa

Pronti, attenti, via e si parte da Bakersfield (di cui non conosciamo niente) per il girone infernale che prende il nome di Death Valley. A sentire (anzi, leggere) le guide su internet sono decine e decine le precauzioni che il povero turista deve prendere, per poter stare tranquillo una volta entrato nel parco. Noi ne abbiamo seguito più o meno qualcuno, storcendo qualche volta il naso, e credendo che fossero esagerazioni (ed in parte lo sono).
Appena possibile ad esempio ci siamo fermati (ben tre volte) per fare benzina (23, 11 e 4 dollari... l'ultima volta proprio da sfigati). Il tragitto da Bakersfield non è lunghissimo, ma molto caratteristico: abbiamo potuto ammirare la parte nord del deserto del Mojave (famoso anche per i pali eolici che sovrastano le colline) e il Red Canyon, che altro non sono stati che piccoli antipasti di ciò che ci ha aspettato per tutta la giornata.
Accediamo al parco dall'entrata Ovest, quella di Panamint Spring così da poter vedere (e camminarci sopra) le Sand Dunes della valle, l'unico punto che può ricordare un deserto di tipo sahariano. La sabbia scotta, rufoliamo un po' con le mani, ma di scorpioni velenosi non ne troviamo. Fino ad ora, il caldo è tanto, ma accettabilissimo: niente che possa far pensare alla "morte".
Proseguiamo per alcuni chilometri e veniamo affascinati dal paesaggio che sebbene sia desertico, è variopinto abbestia. Una cosa incredibile davvero, ogni chilometro c'è una montagna di un colore, a contrasto con una di colore differente. (@Riccardone: sì sì, ho fatto 2mila foto). Con l'avvento dei colori, arriva anche il caldo sempre più strenuo. Scendiamo così al Lake Creek, un lago solo di sale, in cui ci incamminiamo un pezzo in là e... e mi si fondono, anzi liquefanno le suole delle scarpe... Da buttare via!!
Prima di arrivare a Furnace Creek, visitiamo il Mustard Canyon (vedi foto iniziale rubata da Wikipedia), e poi ci lanciamo verso i punti più famosi della valle: Zabriensky Point (secondo me il non plus ultra) e Dante's View: una scalata a piedi da cui si vede tutta la vallata (la valle è calda anche perchè rinchiusa da vette che superano i 3000 metri e non fanno passare il vento). Sotto il sole queste sfacchinate costano molti liquidi per davvero, e fortunatamente abbiamo fatto grandi scorte d'acqua e appena possibile ci fermiamo per succhi di frutta e roba fresca.
E' la volta di andare nella depressione più bassa degli USA: meno 86 metri sotto il livello del mare. Sul percorso troviamo il Devil'sGolf Course e al ritorno facciamo la strada più bella che abbia mai fatto, la Artist Drive. Per le spiegazioni di ogni zona, andate s wikipedia o su americanontheroad.it , sarebbe troppo impegnativo da spiegare.
Verso le 19, partiamo per Beatty, Nevada punto di sosta prima di Las Vegas. Abbiamo quindi la fortuna di attraversare la valle e le montagne con il tramonto che pittura ancora di più il quadro incantato di un luogo tanto aspro, quanto artistico.
Nota dolente: Beatty fa cacare. Non so neanhce se Google sappia che esista. L'albergo, è un motel, tipo quello dei peggiori film trash, in cui i vacanzieri muoiono squartati. La zona qui intorno è la stessa del film "le colline hanno gli occhi", e il padrone del motel (in zona molto buia ed isolata), è un pirata che cammina con il bastone: uomo di 60 anni circa, grosso, capello lungo e unto, baffi e barba grigia, accento texano da sputacchiera. Insomma è la copia identica di Lemmy Kilmister (il cantante dei Motorhead). Metto qui una foto così vi rendete conto in che mani siamo:
Per ora la porta è sprangata, ma dobbiamo uscire per cercare un posto dove cenare. Se domani non sentite niente da parte nostra chiamate il 911, il motel si chiama Phoenix (ma anche Atomic, non chiedetemi il perchè).

1 commento:

  1. In effetti, le guide turistiche sono sempre un po' "allarmistiche" sulla Death Valley... però non dev'essere simpatico, ritrovarsi con le suole sciolte!! :-)

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