Autore: Herman Hesse
Anno: 1927
Titolo originale: Der Steppenwolf
Voto: 2/5
Pagine: 261
Letto: 1995
Trama del libro e quarta di copertina:
Il protagonista Harry Haller (alter ego dello stesso Hesse, con cui condivide le iniziali H.H. del nome) è un intellettuale sulla cinquantina che, dopo aver avuto una brillante carriera nel vasto campo dello studio poetico, della musica e della filosofia - soprattutto Nietzsche - ha subito diversi colpi dal destino: una volta ha perduto reputazione e ricchezza, un'altra la moglie impazzì lasciandolo solo.
Dopo di che, si concentra sempre più nel proprio lavoro fino a che non comincia un po' alla volta a perdere la soddisfazione in esso: l'idea di felicità di Harry è definita e determinata da quei brevi momenti in cui "beatitudine, estasi ed esperienza d'esaltazione" vissuta attraverso la poesia e la musica si fondono: allora egli vede all'opera Dio. Desidera allora ritrovare quella traccia divina che vede obliata - quando non distrutta - dall'ordine borghese che lo circonda; prova a cercare questo "mondo divino" nella sua vita, ma non riesce a causa della lotta tra le due parti, una contrapposta all'altra, della sua anima.
Harry sperimenta allora se stesso come "lupo della steppa", un essere costituito da una doppia natura: a) umana, come cittadino che ha studiato, è entrato nel mondo lavorativo ed ha accumulato soldi in banca, che veste abiti civili, che ha desideri 'normali' e che vive di compromessi; b) da lupo, in quanto scettico, solitario, antisociale e fortemente critico della cosiddetta cultura borghese, estraneo alla politica ma intimamente rivoluzionario. Il suo è il contrasto tra spirito e istinto; Harry scopre che l'intera esistenza è un connubio impossibile da conciliare di questi due estremi.
Tutto ciò è ben spiegato in un manoscritto abbandonato nella sua stanza prima della sua misteriosa scomparsa, descrive il disagio provato a causa della sua duplice natura: da una parte "l'umanità", cioè l'amore per l'arte e il divino - la nobiltà d'animo e di pensiero - e dall'altra "la bestialità" (il "lupo"), alla ricerca dei piaceri e soddisfazioni più istintive e selvagge. Sembra inoltre vivere scisso tra due culture o religioni: una civile accettata da tutti, intrisa di noia, corruzione e sopraffazione; l'altra totalmente solitaria e disperata. Solo il profumo del silenzio e la pulizia, l'attenta progettazione di un viaggio, la contemplazione d'una gigantesca Araucaria vengono a rappresentar gli unici punti di sosta e ristoro all'interno della tremenda confusione vissuta in quelli che considera oramai esser gli ultimi giorni della propria esistenza.
Questo suo carattere ombroso e irrequieto gli rende difficile, se non quasi impossibile, socializzare e lo porta ad odiare e disprezzare la vanità e superficialità del mondo borghese. L'isolamento sociale e l'incapacità di godersi l'esistenza lo portano sempre più vicino al suicidio, che medita d'attuare appena raggiunta la soglia dei 50 anni, fermamente convinto del fatto ch'esso possa rivelarsi una definitiva uscita d'emergenza, quando non sarà più possibile alleviare la profondità della sofferenza che lo attanaglia.
Ma ecco che proprio nel momento più drammatico, verso la metà del romanzo, conosce in una trattoria-balera dei sobborghi la bella e seducente Erminia (figura simboleggiante l'androgino, il suo nome è il femminile di Hermann), donna che lo conduce poco a poco ad una conversione ai piaceri della vita moderna, facendogli così recuperare il tempo perduto. Si tratta di una giovane che per sbarcar il lunario, quando se ne presenti l'occasione, si intrattiene con uomini facoltosi: Harry ed 'Hermine' si descrivono come "fratelli nello spirito".
Erminia vede in Harry se stessa, come in uno specchio, e spesso riceve da lui le giuste risposte alle proprie domande e dubbi; per Harry è una guida interiore, come lo fu Virgilio per Dante nella Divina Commedia. Sono due vere e proprie anime gemelle ed assieme paiono nuovamente imparar quale sia il significato della vita (e, se necessario, alla fine esser anche capaci di ridervi sopra); Harry trova in Erminia una persona a cui può confidare i più riposti segreti, anche quello di voler uccidersi. Ormai è convinto di aver recuperato la capacità di amare creduta perduta per sempre; nel frattempo la giovane gl'insegna a ballare, lo introduce al consumo di sostanze stupefacenti e gli procura amanti occasionali.
Ad Erminia capita così di presentare ad Harry l'amica Marie e fa sì che i due finiscano a letto insieme. Un giorno a tarda notte Harry visita un ballo in maschera, che si svolge in un grande edificio composto d'innumerevoli stanze e lunghi corridoi vuoti; nella confusione perde di vista Erminia e rimane solo ed alle 4 del mattino viene introdotto in un "teatro magico" che si sta svolgendo nei seminterrati: qui ritrova l'amante vestita da uomo in compagnia dell'amica Marie e danza con lei. Grazie ad una droga, fattogli assumere da Pablo, un amico musicista di Erminia, Harry comincia ad avere strane allucinazioni: si ritrova nel corridoio a forma di ferro di cavallo di un teatro con strane iscrizioni sulle porte.
L'ultima esperienza allucinogena di Harry gli fa vedere Pablo e Erminia avere un rapporto sessuale sul pavimento davanti a lui; colto dal furore della gelosia, raccoglie da terra un coltello lì abbandonato e colpisce la donna al seno sinistro, che presto muore dissanguata. L'uomo ha così infine eseguito l'ultimo desiderio della sua amata Erminia ma il delitto di cui Haller si è macchiato gli costa la condanna alla vita eterna, con lo scherno dei grandi del passato (appare Mozart che si mette ad ascoltar Händel e l'anziano saggio 'Maestro' Goethe) che sedendogli accanto lo invitano a comprendere una volta per tutte l'umorismo macabro di cui è costituita l'intera realtà, per imparare a ridere senza dar un peso troppo eccessivo ai sentimenti. Invece di pugnalare l'amante avrebbe dovuto farsi una grassa risata, ridere di se stesso e della sua stessa assurda gelosia.
Nel romanzo si sviluppa uno dei temi preferiti di Hesse, cioè la ricerca dell'interiorità attraverso la contemplazione dei tanti, spesso contraddittori aspetti dell'io, rappresentata sia dalla preoccupazione di Haller per l'incoerenza del proprio animo, sia dalla metafora finale del "teatrino magico".
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