La trama è semplice: un professore anarcoide, molto sui generis e decisamente alternativo, tiene per un'intera settimana delle lezioni sull'autocrazia. E' il classico professore "amicone" con tendenze no global, a cui gli alunni danno del tu e che si fa ben volere. La storia inizia un po' lenta, e le lezioni sanno di già visto, durante le ore di autogestione. La domanda principale da cui parte l'esperimento pratico sta nel fatto che gli alunni si chiedono se in Germania può essere possibile il ritorno della dittatura e del totalitarismo.
La risposta più ovvia e scontata sembra essere che dagli errori del passato si impara e che quindi i rischi sono minimi. Il professore, con insegnamenti pratici ed interessanti che prendono la forma di un esperimento riesce a coinvolgere la classe. In un primo momento vengono evidenziate le basi positive che portano alla creazione di uno stato totalitario che si regge su un'autocrazia: l'egualitarismo, il senso di appartenenza al gruppo, l'altruismo, il supporto alle persone più in difficoltà e così via. Il progetto, che parte con la scelta del leader (il professore stesso) e l'adozione di alcune regole basilari (divise tutte uguali, la scelta del nome da dare al gruppo - L'Onda appunto -, un logo, un saluto...) mano a mano che avanza, inizia a degenerare e prende una brutta piega.
Il film si svolge in maniera del tutto geniale e perfetta dal momento che lo spettatore sa fin da principio che sta nascendo un qualcosa di sbagliato, di pericoloso. Ma i lati positivi che ne vengono fuori sono indiscutibili ed i protagonisti sembrano beneficiarne. La cosa paurosa sta proprio qui: basta un niente (disagio sociale, diseguaglianze, povertà, solitudine) per far sentire la necessità di qualcosa di nuovo. Qualcosa che riesca a risolvere tali disagi. Nel piccolo del progetto fatto in classe, possiamo quindi provare a vedere meglio cosa ha scatenato la scelta democratica per giungere ad alcuni sistemi autocratici. Il senso di unione ed appartenenza al gruppo, poi porta però anche all'esclusione di chi non vuole o non può farne parte. Se da una parte abbatte le diversità di chi è all'interno dall'altra accentua quelle con chi ne resta fuori. E l'esperimento condotto continua a degenerare. Cosa è giusto e cosa è sbagliato per l'unione ed il bene della società? Fino a che punto è possibile spingersi? Quale è il limite tra obbedienza e scelta individuale? Quando arriva il momento giusto per scegliere (è possibile?) se un ordine dato dal leader vada rispettato?
Mi è venuto in mente anche un collegamento, con le dovute differenze, tra i fondisti e il resto del mondo. Anche tra noi c'è un forte senso di appartenenza che può essere identificato ai livelli del nazionalismo raccontato nel film. Spesso chi viene da fuori può vederci come un'autocrazia in miniatura, senza leader. Penso però che possa valere per qualsiasi gruppo di amici che va avanti da anni ed anni. In ogni caso da domani Turimbuktù, il Tremendo ed io ci saluteremo con il gesto dell'onda, poi se qualcuno sdà di matto e tira fuori la pistola non importa: se ne sentono tante in tv...
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