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martedì 11 novembre 2014

Stephen King - La Lunga Marcia


Autore: Stephen King (Richard Bachman)
Anno: 1979
Titolo originale: The Long Walk
Voto: 2/5
Pagine:384
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Trama del libro e quarta di copertina:

Dai confini del Canada sino a Boston a piedi, senza soste. Una sfida mortale, con un regolamento implacabile, per cento volontari: un passo falso, una caduta, un malore..., e si viene abbattuti. Ma chi riesce a tagliare il traguardo otterrà il Premio. Tra i partecipanti, tra cui spicca il sedicenne Garraty, si creano rapporti di sfida, di solidarietà e di lucida follia, lungo il terribile percorso scandito dagli incitamenti della folla assiepata ai margini della strada. Un incubo on the road che solo King (Richard Bachman) poteva concepire...

Commento personale e recensione:

Il King degli albori, o Bachman come si faceva chiamare per alcuni lavori, è davvero molto acerbo. La Lunga Marcia, come il titolo sembra introdurre, è veramente lungo, anche se non per il numero di pagine: vuoi per la noia, vuoi per l’essere colmo di frasi e descrizioni inserite, almeno all’apparenza, giusto per allungare la minestra. L’idea, ai limiti del fantascientifico, del distopico e se vogliamo anche con una velata punta di ucronia, non sarebbe poi troppo male. Solo che il tutto si basa su un qualcosa che manca di violenza o di obbligo: i protagonisti, ragazzetti che paiono idioti, hanno la stravagante idea non propriamente imposta di partecipare ad una sadica ed inutile marcia per la sopravvivenza. Nel mezzo c’è tanto piattume di discorsi triti e ritriti, pensieri riutilizzati ed espressi più volte senza che l’interesse aumenti in maniera radicale. Lette le prime pagine è come averle lette tutte, tanto è ripetitivo. Questi disgraziati che non possono marciare a meno di sei chilometri all’ora (altrimenti vengono ammoniti e poi fucilati sul posto dopo tre volte) sanno a cosa vanno incontro e durante il lungo cammino si fanno molte domande, ma il succo è: chi glielo ha fatto fare? Certo, una volta che vinci (ma non mi pare siano chissà quali atleti super addestrati) puoi ottenere tutto ciò che un regime dittatoriale ha da offrirti, così come la notorietà (in pieno stile di quello che ai giorni d’oggi sono i reality show) per un pubblico affamato ed in parte idolatrante. Eppure i corridori non è che siano molto esaltati dal premio. Ne vale la pena? Solo uno sopravviverà e potrà gustarsi la vittoria. Tanto continuare a vivere una vita di merda, senza ambizioni e colma di noia potrebbe equivalere alla morte.  Sì e no, visto che nel libro ci arrivi a senso, ma tutto ciò non è spiegato nel migliore dei modi. Non è che tutti i cento partecipanti si lascino alle spalle qualcosa di orribile da cui scappare. Sulle xxx pagine del romanzo, ci si poteva aspettare qualche metafora meglio esplicata sul valore della vita. Sicuramente altri lavori più conosciuti come L’Uomo In Fuga (dello stesso King, da cui il film L’Implacabile) o Battle Royale o Hunger Games, un minimo di spunto da questo lo hanno preso.

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