martedì 8 aprile 2025

Abus Touch 57/45 lucchetto smart

 

ABUS Touch 57/45 – Il lucchetto smart che non teme umidità né tradimenti

Quando si parla di sicurezza, spesso ci si affida all’abitudine: una chiave nel cassetto, una combinazione scritta su un post-it sbiadito, un codice mentale che dimentichiamo appena ci serve. Ecco perché l’idea di sbloccare un lucchetto con un dito suona così bene. Ma non tutti i lucchetti smart sono uguali.

Dopo aver analizzato decine di modelli, ho scelto di acquistare e testare l’ABUS Touch 57/45, un piccolo gioiello di praticità e robustezza firmato da uno dei marchi più solidi nel mondo della sicurezza.

Specifiche tecniche:

  • Metodo di sblocco: Impronta digitale (fino a 20 memorizzabili)
  • Struttura: Corpo in metallo zincato e arco in acciaio temprato
  • Resistenza alle intemperie: IP66 (resistente a polvere e forti getti d’acqua)
  • Batteria: Sostituibile (CR2) con autonomia fino a 10.000 aperture
  • Backup: Nessuna chiave fisica, ma batteria facile da sostituire senza perdere i dati

Cosa mi ha convinto

1. Pronto in un tocco:
Niente app, niente Bluetooth, niente complicazioni. Basta appoggiare il dito sul sensore (reattivo e preciso) e il lucchetto si apre in una frazione di secondo. Un LED rosso o verde indica l’esito.

2. Impermeabile e resistente:
Se devi chiudere un baule in garage, un armadietto in palestra o una cassa in giardino, l’ABUS Touch 57/45 regge bene anche con pioggia, polvere e umidità. La scocca ha un design compatto ma solido: non è un giocattolo da Amazon Basic.

3. Nessuna connessione, nessun rischio:
Il fatto che non sia connesso a una app elimina molte vulnerabilità. È un lucchetto, non uno spyware. Una scelta essenziale e concreta, perfetta per chi vuole funzionalità smart senza dipendere dal Wi-Fi o da un’app che potrebbe essere dismessa.

4. Registrazione facile delle impronte:
La configurazione si fa direttamente sul lucchetto: nessuna app, solo dita. Si appoggia il dito per impostare la prima impronta (master), poi si seguono tocchi rapidi per aggiungere altre impronte (fino a 20). Il reset, se necessario, si esegue sempre tramite sequenza fisica. Semplice e intuitivo, anche per chi non è tecnologico.

5. Costo superiore, ma giustificato:
È vero, un lucchetto tradizionale con combinazione o chiave costa molto meno. Ma l’ABUS Touch non è solo un lucchetto, è anche un sistema pratico, condivisibile e sicuro, ideale per usi frequenti o condivisi (palestra, spogliatoi, garage). Paghi di più (intorno ai 40 euro), ma ottieni un prodotto durevole, smart e resistente. Non è un gadget da sostituire l’anno prossimo.

Limiti da conoscere

  • Nessuna apertura di emergenza tramite chiave: se la batteria si scarica e non ne hai una di scorta, resterai bloccato. Tuttavia, la sostituzione è immediata (batteria CR2 facilmente reperibile), e l’autonomia è talmente lunga da rendere il rischio minimo.
  • Non è antitaglio: come ogni lucchetto di medie dimensioni, non è pensato per resistere a un attacco con tronchese industriale. Ma per l’uso quotidiano, la robustezza è più che sufficiente.

Verdetto finale per VER

L’ABUS Touch 57/45 è il lucchetto smart che consiglio senza riserve a chi cerca un accessorio sicuro, resistente e davvero pratico per bauli, armadietti, garage o spazi condivisi.

È l’anello perfetto tra tecnologia e affidabilità vecchio stile, quello che funziona sempre anche se il Wi-Fi va giù o se hai le mani sudate.
In un mondo che ti promette sempre troppo, ABUS ti dà solo ciò che serve. Ma lo fa bene.




lunedì 7 aprile 2025

Carta igienica di bambù

 

Ho chiesto a Viki di darmi qualche indicazione ed informazione per poterci districare su un tema molto terra terra: la carta igienica. Il focus è quello relativo ai prodotti su base bambù. I clienti di VER saranno entusiasti di provare sui propri sederini, alternative poco conosciute. 


Carta igienica ecologica: il bambù è davvero meglio?

Negli ultimi tempi, tra gli scaffali dei supermercati e le pubblicità sui social, si fa sempre più strada un'alternativa apparentemente virtuosa alla tradizionale carta igienica: quella prodotta in bambù. Le promesse sono tante – minore impatto ambientale, maggiore delicatezza sulla pelle, resistenza superiore – ma quanto c'è di vero? E soprattutto: conviene davvero?

Un confronto di sostanza

Partiamo da ciò che conosciamo bene: la carta igienica tradizionale, prodotta da cellulosa vergine. Proviene quasi sempre da alberi coltivati appositamente, ma spesso il ciclo di vita di queste piante è lungo, e l'abbattimento comporta una perdita netta per gli ecosistemi. Il processo di produzione, inoltre, richiede grandi quantità di acqua, energia e, in alcuni casi, prodotti chimici sbiancanti o profumazioni artificiali che possono causare irritazioni.

La carta igienica in bambù, invece, viene presentata come sostenibile perché il bambù cresce rapidamente, senza bisogno di pesticidi, e può essere raccolto ogni anno senza sradicare la pianta. È un materiale naturalmente antibatterico, ipoallergenico, resistente e biodegradabile. Ma è tutto oro quello che luccica?

Il lato economico: quanto costa davvero essere sostenibili?

A prima vista, i rotoli in bambù possono sembrare più economici: alcune confezioni da 24 rotoli costano meno rispetto alle confezioni da supermercato di pari numero. Tuttavia, se si guarda con attenzione alla lunghezza dei rotoli, il discorso cambia.

I rotoli in bambù destinati al mercato "consumer" sono spesso confezionati con cura, più corti ma più morbidi, e con più veli (solitamente tre). Ogni rotolo contiene circa 40-45 metri di carta. La carta igienica tradizionale da supermercato, invece, può variare molto: spesso ha due veli, è più sottile e contiene meno fogli per rotolo, ma resta comunque mediamente più economica al metro.

Il vero outsider in termini di convenienza è la carta igienica riciclata industriale: rotoli molto lunghi (anche 200 metri), spesso pensati per uffici o comunità, venduti online o nei grandi store per la casa e l'ufficio. Qui il prezzo al metro scende drasticamente, anche se si perde in comfort e praticità. Non so se avete presenti quei rotoloni giganti che difficilmente troverebbero posto nei bagni tradizionali. 

In pratica, il bambù non è la scelta più economica, ma può diventarlo se acquistato in grandi quantità e usato in modo consapevole. Va anche considerato che la carta igienica in bambù ha spesso una resistenza maggiore: se ne usa meno per ottenere lo stesso risultato.

Dove si trova? È davvero comoda da reperire?

Qui arriva uno dei veri limiti. Nei supermercati italiani, trovare carta igienica in bambù è ancora difficile. La maggior parte delle proposte arriva dall’e-commerce: brand italiani ed europei come Bamboi o The Cheeky Panda vendono confezioni grandi, ecologicamente confezionate, e spesso con iniziative plastic-free. Ma questo richiede un minimo di programmazione e spazio per lo stoccaggio.

La carta riciclata, invece, è molto più facile da trovare nei supermercati, anche se spesso è proposta come prodotto “secondario” rispetto alle marche più blasonate. Non sempre è comoda o morbida, ma ha il vantaggio di avere un ciclo produttivo interno, spesso italiano o europeo, riducendo anche l’impatto del trasporto.

Sostenibilità, ma non a occhi chiusi

Passare al bambù è un gesto lodevole, ma non basta acquistare un prodotto "green" per fare la differenza. Bisogna considerare anche come viene prodotto, dove, e con quale filiera. Se il bambù arriva dalla Cina, impacchettato in plastica e spedito via aereo, l'impatto ambientale potrebbe addirittura annullare i benefici del materiale.

Per questo, è importante scegliere marchi trasparenti, che dichiarano l’origine del bambù, i processi di produzione, e utilizzano imballaggi plastic-free o biodegradabili.

Una scelta personale, ma consapevole

In conclusione, la carta igienica in bambù è una buona alternativa per chi cerca un prodotto più ecologico, ipoallergenico e durevole, ma non è (ancora) la scelta più comoda o più economica per tutti. La carta riciclata resta una valida opzione intermedia, più accessibile e comunque rispettosa dell’ambiente.

La vera sostenibilità, come spesso accade, sta nella consapevolezza: sapere cosa si compra, da dove viene e quanto impatta. Anche per un gesto quotidiano apparentemente banale come scegliere la carta igienica.


Qualche consiglio pratico per l’acquisto online

Se decidi di provare la carta igienica in bambù, acquistare online è quasi inevitabile. Il primo consiglio è puntare su confezioni da almeno 24 rotoli: il prezzo al rotolo scende drasticamente e si evita di dover ordinare spesso. VER ad esempio per i numerosi affitti che vanno via come il pane, fa una grande scorta. Attenzione però allo spazio in casa, perché i pacchi sono voluminosi.

Controlla che il sito o il venditore specifichi:

  • Origine del bambù (meglio se coltivato in aree certificate FSC),
  • Produzione europea o comunque con spedizione via nave e non via aereo,
  • Imballaggi plastic-free, spesso in carta riciclata o compostabile,
  • Trasparenza sui materiali (assenza di cloro, profumi, coloranti).

Tra i marchi affidabili trovi The Cheeky Panda, Bumboo, Bamboi, Ecoleaf, ma anche catene come Ecovibe, Greenweez o Negozio Leggero propongono alternative valide.

Occhio ai marketplace: su Amazon i prezzi sono variabili, e non sempre la provenienza è chiara. Meglio preferire i siti ufficiali dei produttori o e-commerce specializzati in prodotti ecologici.

Infine, se vuoi fare una prova senza spendere troppo, esistono formati campione da 6 rotoli, pensati proprio per testare qualità e compatibilità con la sensibilità della propria pelle. Un piccolo gesto per un cambio (di abitudini) che può valere molto.




Nirvana - Nevermind



 Autore: Nirvana
Anno: 1991
Tracce: 12 (+1)
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C’erano anni in cui scegliere da che parte stare sembrava una questione vitale. O eri con i Guns N’ Roses o con i Nirvana. E io, ovviamente, tifavo per i Guns. In quella logica binaria che oggi fa un po’ ridere, ma che all’epoca era tutto, i Nirvana erano “quei depressi” senza veri assoli, senza virtuosismi, senza piroette alla Slash. E forse c'era stata una litigata tra Axl e Kurt. 

Eppure Nevermind entrò in casa mia. Di nascosto, quasi vergognandomi. Una trasgressione interna, una piccola frattura nel mio tifo metallico. L’occhio – e anche l’orecchio – era stato catturato dalla copertina, quel neonato lanciato sott'acqua verso una banconota, e dal video di Smells Like Teen Spirit che girava in loop su MTV: sudore, capelli lunghi, cheerleader ambigue e quella rabbia che mi parlava anche se non volevo.

Il primo ascolto fu confuso. Non era roba mia, pensavo. Troppo sporca, troppo semplice, troppo… diversa. Ma il seme era piantato. E mentre Lithium martellava la mia stanza, mentre Come As You Are strisciava nel cervello con quel riff ipnotico, mi accorsi che il muro stava crollando. Nevermind non era “meglio” o “peggio” dei miei dischi idolatrati. Era un’altra cosa. Un pugno in faccia al manierismo, una voce rotta che diceva la verità, anche stonata.

A posteriori, si capisce bene perché Nevermind ha spazzato via una certa estetica anni '80 e aperto la porta al decennio successivo. Uscito nel settembre 1991, prodotto da Butch Vig e pubblicato dalla Geffen (un caso?) , è stato il disco che ha traghettato il grunge dal sottosuolo di Seattle alle classifiche mondiali. L’album superò in vendite Dangerous di Michael Jackson nel gennaio '92, diventando il simbolo di una generazione alienata e disillusa, quella del post-Reaganismo, del nichilismo da centro commerciale, delle camicie a quadri e delle Converse sfondate. L' anticommerciale vendeva e parecchio. 

I brani sono diventati inni. Smells Like Teen Spirit, con quel riff alla Pixies reso esplosivo, è considerato da molti il vero inizio degli anni Novanta musicali. In Bloom attacca con sarcasmo chi ascolta la band senza capirla. Breed è un'esplosione di ansia compressa. Polly, acustica e disturbante, racconta con crudezza un caso di cronaca nera, e Something in the Way, cupa e sommessa, chiude l'album come un sussurro esausto.

Con gli anni ho capito che quel disco era un punto di svolta. Non solo per la musica, ma anche per il mio approccio musicale. C'era bisogno di un Kurt Cobain che urlasse il malessere senza metterci troppa scena. E oggi, se penso a quel ragazzino che nascondeva il cd dietro Use Your Illusion II, gli darei una pacca sulla spalla. Bravo, Jack. Hai fatto bene.


domenica 6 aprile 2025

Roma 1 - Juventus 1

 
Prima che iniziasse la partita ci avrei fatto al firma sul pareggio. La Roma, nel girone di ritorno, è la squadra più vincente del campionato e noi veniamo da troppe partite con molti bassi ed una situazione da risistemare, soprattutto con il cambio allenatore in corsa. Però con i primi venti minuti a fuoco, la gara sembrava direzionata verso la vittoria bianconera, sebbene certi ritmi siano impossibili da tenere per tutta la partita. Inoltre la Roma ha saputo riorganizzarsi  e rendersi pericolosa. Abbiamo quindi assistito ad un bellissimo primo tempo, mentre nella ripresa entrambe le compagini sono state più spigolose, meno corali ed hanno cercato di sfruttare maggiormente le occasioni singole piuttosto che crearne con la tattica. E' evidente che, per quanto ci riguarda il lavoro da fare abbonda, e soprattutto alcuni nomi non sono adatti a questi palcoscenici. Ma tra infortuni e scelte di mercato sbagliate in questi anni ci ritroviamo nella situazione di dover tamponare il più possibile e raccogliere punti. La classifica non ci sorride, ma neanche ci sputa addosso: a salire abbiamo Milan a 48 che non dovrebbe destare nessuna preoccupazione, Fiorentina a 52, Roma a 53, la Lazio a 55 e noi appaiati al Bologna (che giocherà domani sera con il Napoli) a 56. Quinto posto quindi, ma con Atalanta terza soli 58 punti. In dieci punti quindi una lotta strenua per l'Europa. Quale però? Noi ci crediamo #finoallafine.

Giovanni Burgio - Infezione Genomica

Infezione genomica
Autore: Giovanni Burgio
Anno: 2010
Titolo originale: Infezione Genomica
Voto: 3/5
Pagine: 305
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Trama del libro e quarta di copertina:
Tre piste narrative si dipanano in questo romanzo. Tre piste che si uniranno in un finale imprevedibile: quella che riguarda un gruppo di ricerca dell'università di Bologna, l'altra è quella di una misteriosa società segreta tedesca, e infine quella di un'infermiera che suo malgrado viene coinvolta nella vicenda. Tutto ruota attorno al contrasto che si viene a creare tra due mondi: quello scientifico e quello teosofico, conseguente alla scoperta che nel DNA umano ci sono tracce del DNA di batteri. 

Commento personale e recensione:
Ci ho messo quasi tre anni a finirlo, ma non fraintendete: Infezione Genomica di Giovanni Burgio non è un romanzo noioso né tanto meno ostico. È stato piuttosto il mio personale ritmo di lettura a renderlo una compagnia dilatata nel tempo. L’ho letto soltanto in spiaggia, alternandolo ad altri libri, e così la trama ha finito per seguire il ciclo delle estati, delle onde e delle pause tra un bagno e l’altro.

Il romanzo si muove con passo deciso tra scienza, una possibile distopia e riflessione esistenziale. Burgio costruisce una narrazione che si nutre di inquietudini contemporanee — tra biotecnologie, manipolazione genetica e derive etiche — ma senza rinunciare a un impianto narrativo solido e personaggi credibili. Nonostante la materia trattata sia complessa, il testo non scivola mai nel didascalico: è piuttosto un invito a pensare, a farsi domande, a riflettere su ciò che significa davvero “umanità” in un mondo che sembra volerla superare.

La scrittura è chiara, sobria, quasi chirurgica nel modo in cui incide sulla trama le sue traiettorie più tese. Eppure, qua e là, non mancano aperture liriche e momenti di autenticità emotiva che rendono il romanzo vivo, persino intimo.

Forse non è un libro per tutti — richiede attenzione, disponibilità ad accogliere concetti scientifici e a lasciarsi trascinare in un futuro inquietante ma plausibile — ma chi accetta la sfida sarà ripagato.

Tre anni, dicevo, ma ne è valsa la pena. E anzi, forse proprio questa lettura lenta e intermittente ha reso il libro ancora più memorabile, come quelle conversazioni che riprendi di tanto in tanto con vecchi amici, ogni volta un po’ più profonde.

 

Camping (1957)

Camping
Regia: Franco Zeffirelli
Anno: 1957
Titolo originale: Camping
Voto e recensione: 5/10
Pagina di IMDB (6.1)
Pagina di I Check Movies
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Film:

A volte capita di pescare un titolo dal mucchio della propria collezione senza ricordarne il motivo dell’acquisto. Con Camping di Franco Zeffirelli è successo proprio così. Forse la curiosità per il debutto cinematografico di un regista poi divenuto maestro del melodramma e del teatro filmato, forse l’idea che potesse nascondere qualche scintilla anticipatrice. Spoiler: non la nascondeva.

Camping è una commedia leggera, anzi leggerissima, ambientata in un campeggio sul mare dove si intrecciano storie d’amore, gelosie da villeggiatura e caricature sociali. C’è il romano spaccone, la bella ingenua, il fidanzato sospettoso, e varie comparse che portano avanti alcune scene. Il tutto avvolto in un tono da “vacanze in bianco e nero” che oggi suona più stanco che nostalgico.

Il problema principale è che il film non ha mai davvero un’identità: né abbastanza cinico per essere satira, né abbastanza buffo per strappare risate. Però c'è da dire che serve per farsi  un'idea dello spaccato del periodo, in cui già molte cose stavano cambiando. Alcuni passaggi sembrano sketch scollegati più che una narrazione coerente, e anche il ritmo risente dell’ingenuità dell’esordio.

Ma è il finale che potrebbe lasciare l’amaro in bocca (non a me, ma in generale): gli schiaffi che si scambiano Marisa Allasio e Paolo Ferrari, in una sorta di balletto della gelosia risolto a suon di ceffoni, oggi non fanno ridere. E non dovrebbero. Sono il sintomo di un’epoca in cui la violenza domestica si camuffava da farsa sentimentale. Un momento che potrebbe mettere a disagio e che fa scattare più riflessioni che sorrisi.

Vale la visione solo per completismo o per chi ha voglia di vedere da dove è partito Zeffirelli, prima di diventare "Zeffirelli". Un pezzo d’epoca che, come certe tende da campeggio anni ’50, oggi mostra tutte le cuciture allentate.



Edizione: DVD
Versione in DVD con traccia italiana in stereo ed i seguenti extra: 
  • Locandina originale
  • Galleria fotografica
  • 3 schede testuali
 

Prova fallita di primo mare

 
Doveva essere una giornata di mare. L’idea era quella: partire da Calamoresca, percorrere un pezzo di sentiero e poi fermarsi in una delle cale a prendere il sole, magari con un bagno improvvisato, come premio anticipato di primavera. E leggere un libro (di carta perché in spiaggia fa troppa più scena) 

E invece no.

Rispetto a ieri il sole c’era, ma il vento anche. Quello che ti punge le spalle e ti fa dire: "mah, forse ancora no". Così ho continuato a camminare. Nella prima parte del percorso c’era anche Ikkio, che ha condiviso con me il tratto iniziale prima di deviare per la via del Crinale e tornare indietro. Io ho tirato dritto, verso il Reciso.

Un passo dietro l’altro, lungo un percorso che conosco a memoria, che ho fatto decine di volte. Ma ogni volta ha qualcosa di diverso da dirmi. Arrivato a Baratti, un saluto veloce al golfo, e poi via, di nuovo indietro. Ventina di chilometri, andata e ritorno, tra vento, silenzio, profumo di macchia e quella sensazione testarda che camminare – anche se già conosci la strada – serva sempre a qualcosa.

O forse no. Ma intanto si cammina.


sabato 5 aprile 2025

Trekking a Castellina Marittima

 
Pioggia, economia, impegni vari mi hanno tenuto lontano per un po' di tempo dalle escursioni al di fuori del Principato. Oggi, con un sole da incignare il primo giorno di mare, ho invece deciso di andare per le campagne intorno a  Castellina Marittima: situata su una collina vicino alla costa,  offre panorami che spaziano fino alle isole dell'Arcipelago Toscano, tra cui Elba, Capraia, Gorgona e persino la Corsica. Il borgo è noto per le sue cave di alabastro, sfruttate sin dall’epoca etrusca, che hanno contribuito allo sviluppo dell’artigianato locale. Da qui in pochi chilometri di percorso solco le Colline Pisane per raggiungere Poggio Pianacce che, con i suoi 661 metri di altitudine, è il punto più elevato del comune di Castellina Marittima e la seconda cima della provincia di Pisa.Situato a circa un chilometro a est del borgo, offre viste panoramiche mozzafiato sulle colline circostanti e sul litorale. Durante il tragitto molte conformazioni rocciose differenti come le famose Rocce Bianche (punto panoramico), boschi, vecchie cave dismesse. 

Album fotografico Castellina Marittima

venerdì 4 aprile 2025

NordVPN

 



NordVPN: protezione invisibile per chi non vuole vivere in trincea digitale

Viviamo in un tempo in cui la privacy è un campo minato. Anche quando pensiamo di navigare al sicuro, ci dimentichiamo che il nostro indirizzo IP, la posizione geografica e le nostre abitudini online vengono tracciate, profilate e – nel peggiore dei casi – sfruttate. Le VPN nascono per questo: diventano tunnel sicuri nel caos della rete, proteggendoci non solo dalla sorveglianza di massa, ma anche da occhi più piccoli e pericolosi, come quelli di chi intercetta le connessioni Wi-Fi pubbliche o prova a limitare i contenuti per area geografica.

Tra le tante soluzioni disponibili (ad esempio quella offerta da Google One) , NordVPN è oggi uno degli strumenti più solidi, facili da usare e bilanciati in termini di costi e prestazioni. Ho deciso di testarla da cima a fondo, immaginando l’utente medio italiano: uno che naviga, guarda streaming, si connette da smartphone e magari lavora da remoto.

Interfaccia e facilità d’uso: per umani, non per cyborg

Installare NordVPN è una questione di minuti. Disponibile su Windows, macOS, Android, iOS, Linux e anche su router, permette di proteggere fino a 6 dispositivi con un solo abbonamento. L’app è elegante e immediata: una mappa interattiva per selezionare il Paese da cui "virtualmente" uscire, un pulsante grande per attivare la protezione e tante opzioni avanzate per i più smanettoni, ma senza infastidire chi vuole solo accendere e spegnere.

Per l’Italia, sono disponibili server a Milano, rapidi e ideali per chi vuole usare app bancarie o contenuti geo-limitati senza intoppi. La connessione è stabile, veloce, e raramente ho dovuto riconnettermi.

Velocità: sotto la maschera, corre come una lepre

Una delle paure legittime con le VPN è la perdita di velocità. Con NordVPN, questo impatto è minimo. Anche se non tutti dispongono della fibra, su connessioni medio alte (100 Mbps in download), si viaggia tra i 70 e i 90 Mbps. Più che sufficienti per streaming in HD o 4K, videochiamate fluide e download veloci. 

I server sono oltre 6000, in più di 60 Paesi, e NordVPN usa una tecnologia chiamata NordLynx (basata su WireGuard), che rende la connessione criptata quasi invisibile in termini di latenza.

Privacy e sicurezza: la trincea è blindata

NordVPN non registra log, non salva i siti visitati né gli IP usati. La sede è a Panama – fuori da alleanze di sorveglianza come Five Eyes – e ha superato vari audit indipendenti, anche di società esterne come PwC.

Offre inoltre:

  • Kill Switch automatico, che interrompe la connessione in caso di caduta della VPN
  • Protezione da malware e phishing con la funzione Threat Protection
  • Split tunneling, per scegliere quali app passano dalla VPN e quali no
  • Possibilità di usare server Onion over VPN o Double VPN, per i più paranoici

Streaming e contenuti geo-limitati

Una delle gioie delle VPN è l’accesso a cataloghi esteri di Netflix, Prime Video, BBC iPlayer e altri servizi. NordVPN è tra le poche che ancora bypassano i blocchi con successo, anche su Netflix USA, UK e Giappone.

In Italia, permette anche di accedere a RaiPlay, Mediaset Infinity o Sky Go dall’estero, utile per chi viaggia o vive fuori.

Assistenza e costi

Il supporto clienti è disponibile 24/7 via chat, efficiente e cordiale. Una rarità. Il sito è in italiano, e ci sono anche tutorial ben fatti per configurare la VPN su dispositivi meno comuni.

Quanto costa? I piani cambiano spesso, ma si aggirano intorno a:

  • 3€/mese con il piano biennale
  • 4-5€/mese con il piano annuale
  • 12€/mese se si vuole pagare mensilmente

Puoi controllare tutte le offerte attive qui: nordvpn.com/it/pricing

E c’è anche una garanzia soddisfatti o rimborsati di 30 giorni, utile per testarla senza ansie.


Conclusione

NordVPN è una scelta sicura, veloce e ben progettata, adatta sia a chi non ha mai usato una VPN sia a chi ha esigenze più avanzate. Per l’utente italiano medio, è perfetta: garantisce privacy, streaming senza barriere e sicurezza sulle reti pubbliche.

Non è gratuita, ma vale ogni centesimo se si vuole vivere online con una buona dose di libertà e consapevolezza. Come avere una serratura invisibile alla porta di casa: nessuno la vede, ma protegge tutto quello che conta.



The Million Dollar Hotel (2000)


Regia: Wim Wenders
Anno: 2000
Titolo originale: Wim Wenders
Voto e recensione: 6/10
Pagina di IMDB (5.7)
Pagina di I Check Movies
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Film:

Ci sono film che non si limitano a raccontare una storia, ma la evocano, la sussurrano tra le immagini e le note della colonna sonora, creando un’esperienza più sensoriale che narrativa. "The Million Dollar Hotel" di Wim Wenders appartiene a questa categoria.

Non è un film per tutti. Chi cerca una narrazione lineare, un intreccio solido e un ritmo incalzante potrebbe trovarlo frustrante. Ma per chi è disposto ad abbandonarsi alla sua atmosfera sospesa, alla malinconia dei personaggi e a un’estetica quasi onirica, diventa un’opera raffinata e ipnotica.

Il punto di forza del film è il modo in cui Wenders trasforma un luogo, un vecchio hotel fatiscente nel cuore di Los Angeles, in un microcosmo a sé stante, abitato da anime perdute e reietti della società. Qui la realtà sembra filtrata da un velo di sogno, e tutto si muove con una lentezza quasi meditativa, amplificata dalla colonna sonora firmata da Bono e dagli U2, che avvolge le immagini con un sound etereo e avvolgente.

L’aspetto visivo è altrettanto importante: la regia di Wenders cattura il senso di solitudine e straniamento con inquadrature che sembrano quadri in movimento. Ogni scena è costruita con un’estrema attenzione alla composizione, facendo emergere la bellezza anche negli angoli più decadenti.

"The Million Dollar Hotel" è un film che si ama o si odia, senza mezze misure. Non è un thriller, non è un dramma convenzionale: è un’esperienza. Per chi è sensibile a una certa poesia visiva e narrativa, può rivelarsi un piccolo gioiello. Per chi invece cerca una trama ben definita e ritmi sostenuti, potrebbe risultare un esercizio di stile fine a sé stesso. Ma in entrambi i casi, è difficile rimanere indifferenti.


Edizione: bluray
Custodia Scanavo, traccia italiana in DTS HD MA multicanale ed i seguenti extra:
  • Trailer
  • Backstage (9 minuti)
  • Interviste (30 minuti)
  • Scene tagliate (14 minuti)
  • Intervista a Wim Wenders (25 minuti)
 
 

giovedì 3 aprile 2025

Chrome OS Flex

 

Tante, tante volte ho proposto e provato diversi sistemi operativi per PC di ogni tipo. Soprattutto quelli da battaglia, i cosiddetti muletti per ogni evenienza. Quelli da poverini che ritrovi da qualche parte e non vuoi buttare perché oggi è difficilissimo smaltire legalmente ed ecologicamente. Quindi, nonostante il mondo vada avanti e creino computer quantistici sempre più potenti , c'è chi si accontenta di dare seconda vita, anche soltanto testando, ad un vecchio portatile.

Dai nuova vita al tuo vecchio portatile con Chrome OS Flex

Se hai un vecchio PC che fatica a reggere Windows potresti trasformarlo in un Chromebook con Chrome OS Flex. Questo sistema operativo leggero e veloce di Google permette di ridare usabilità ai dispositivi datati, offrendo un'esperienza fluida e sicura.


Perché scegliere Chrome OS Flex?

  • Leggero e veloce: Ideale per dispositivi con hardware datato, con avvii rapidi e prestazioni fluide.
  • Sicuro: Gli aggiornamenti automatici e il sandboxing delle applicazioni riducono il rischio di malware.
  • Basato su cloud: Perfetto per chi utilizza principalmente servizi online come Google Drive, Gmail e YouTube.
  • Compatibile con diversi dispositivi: Supporta molti modelli di PC e Mac, anche di 10+ anni fa.

Requisiti minimi per l'installazione

Google fornisce una lista di dispositivi certificati, ma i requisiti minimi generali sono:

  • CPU: Intel o AMD x86-64 (non supporta processori ARM)
  • RAM: Almeno 4 GB
  • Storage: Almeno 16 GB
  • Avvio da USB: Il PC deve supportare il boot da USB
  • BIOS compatibile: Alcuni modelli molto vecchi potrebbero avere problemi

Come installare Chrome OS Flex su un vecchio portatile

1. Scaricare lo strumento di creazione del supporto USB

Per creare una chiavetta USB avviabile con Chrome OS Flex, serve l'estensione Chromebook Recovery Utility: Scarica Chromebook Recovery Utility

2. Creare la chiavetta USB avviabile

  • Apri Chromebook Recovery Utility in Chrome.
  • Seleziona "Avanti" e poi "Modello personalizzato".
  • Scegli "Google Chrome OS Flex" e crea il supporto USB (minimo 8 GB).

3. Avviare il PC dalla chiavetta USB

  • Riavvia il computer e accedi al BIOS (solitamente premendo F2, F12, ESC o DEL all'avvio).
  • Seleziona la chiavetta USB come dispositivo di avvio principale.

4. Provare o installare Chrome OS Flex

  • Puoi scegliere "Prova prima di installare" (senza modificare il disco) oppure "Installa" per sostituire il sistema esistente.

Per la guida ufficiale dettagliata: Istruzioni di installazione


Limitazioni di Chrome OS Flex

  • Niente Play Store: A differenza dei Chromebook ufficiali, non supporta le app Android.
  • Compatibilità hardware variabile: Touchscreen, lettori di impronte e alcune periferiche potrebbero non funzionare.
  • Meno flessibile di Linux: Se cerchi personalizzazione avanzata, potresti valutare una distribuzione Linux.

Per chi è ideale?

  • Chi usa principalmente il browser per navigazione, email, streaming e documenti.
  • Chi vuole un PC veloce per compiti di base.
  • Chi ha un vecchio portatile che non regge più Windows.

Se vuoi scoprire se il tuo dispositivo è compatibile, consulta la lista ufficiale: Dispositivi certificati

Con Chrome OS Flex, il tuo vecchio PC può avere una seconda vita senza costi aggiuntivi. Sei pronto a provarlo?


Bulletproof Man (2011)


Regia: Jonathan Hensleigh
Anno: 2011
Titolo originale: Kill The Irishman
Voto e recensione: 5/10
Pagina di IMDB (7.0)
Pagina di I Check Movies
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In questi giorni Val Kilmer ci ha abbandonati e così ho cercato di omaggiarlo guardandomi uno dei tanti film in cui è stato tra i protagonisti. VER ne ha recensiti diversi, ma mancava (tra gli altri) Bulletproof Man, presente su Amazon Prime Video. Sicuramente non il più iconico, ma ogni tassello è importante nella vita di un grande attore.

Bulletproof Man, conosciuto anche come Kill the Irishman, è un film del 2011 diretto da Jonathan Hensleigh. Basato su eventi reali, racconta la storia di Danny Greene, un boss della malavita irlandese che sfidò apertamente la mafia italiana nella Cleveland degli anni '70. Il protagonista è interpretato da Ray Stevenson, mentre Val Kilmer veste i panni del detective Joe Manditski, una figura chiave nell’indagine sul crimine organizzato della città.

Il film offre un ritratto brutale e realistico del mondo criminale, con una narrazione che alterna momenti di pura azione a sequenze più riflessive, in cui emerge la personalità carismatica e spregiudicata di Greene. La regia di Hensleigh è solida, con un buon ritmo e una ricostruzione d'epoca accurata, che restituisce l'atmosfera tesa e pericolosa di quegli anni.

Ray Stevenson si dimostra perfettamente calato nel ruolo del protagonista, conferendo a Danny Greene un mix di fascino e ferocia che rende il personaggio credibile e coinvolgente (da notare anche la ricerca di una vita sana con preferenze vegetariane e allenamenti costanti). Accanto a lui, un cast di grande livello, con attori del calibro di Vincent D’Onofrio, Christopher Walken e Paul Sorvino, che aggiungono spessore alla pellicola. Val Kilmer, pur avendo un ruolo secondario, lascia comunque il segno con la sua interpretazione misurata ma efficace.

Kill the Irishman è un gangster movie che, pur senza rivoluzionare il genere, riesce a intrattenere e a raccontare una storia avvincente, arricchita da un’ottima fotografia e da una colonna sonora che sottolinea il contesto storico e culturale. Il film è una piacevole sorpresa per chi ama il genere crime e una degna occasione per ricordare il talento di Val Kilmer, un attore che ha sempre saputo dare qualcosa di speciale a ogni suo personaggio.




 
 
 

mercoledì 2 aprile 2025

Dark Crystal (1982)


Regia: Jim Henson, Frank Oz
Anno: 1982
Titolo originale: The Dark Crystal
Voto e recensione: 6/10
Pagina di IMDb (7.1)
Pagina di I Check Movies
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Film:
"Dark Crystal" è un film del 1982 diretto da Jim Henson e Frank Oz (al suo primo lavoro come regista), un'opera pionieristica che ha ridefinito il cinema fantasy attraverso l'uso esclusivo di marionette e pupazzi animatronici (termine oggi in disuso). Ambientato nel mondo di Thra, la storia segue le avventure di Jen, l'ultimo sopravvissuto della razza dei Gelfling, incaricato di ripristinare l'equilibrio rompendo l'oscuro dominio degli spietati Skeksis. Tuttavia, il vero punto di forza del film non è tanto la trama, quanto l'incredibile lavoro di sviluppo e design che lo ha reso un capolavoro visivo e tecnico.

La concezione di "Dark Crystal" nacque dall'ossessione di Jim Henson per le fiabe oscure e le mitologie antiche. L'universo del film fu plasmato grazie alla collaborazione con Brian Froud, illustratore di talento che creò l'estetica unica delle creature e degli ambienti. Ogni dettaglio visivo, dalle architetture alle piante di Thra, fu studiato per sembrare parte di un mondo organico e antico, con un forte richiamo all'Art Nouveau e alle forme naturali.

Un aspetto rivoluzionario del film fu l'uso avanzato delle marionette. Le creature di "Dark Crystal" erano dotate di meccanismi sofisticati che permettevano un'ampia gamma di espressioni facciali e movimenti fluidi. Gli Skeksis, per esempio, richiedevano più operatori per essere manovrati: uno per la testa e la bocca, uno per le mani e altri per i movimenti corporei. La tecnologia animatronica utilizzata fu tra le più avanzate del periodo, gettando le basi per film successivi come "Labyrinth".

Curiosamente, il film inizialmente prevedeva che gli Skeksis parlassero una lingua inventata, ispirata a lingue antiche come il tedesco medievale e l'egiziano. Tuttavia, i test di proiezione rivelarono che il pubblico faceva fatica a seguire la storia, portando alla decisione di doppiarli in inglese. Anche le scene di volo dei Landstrider, le creature simili a giraffe che aiutano i Gelfling, furono una sfida tecnica: gli attori che li interpretavano camminavano su trampoli appositamente progettati, dando l'illusione di una locomozione naturale.

Rivedere "Dark Crystal" oggi significa immergersi in un mondo che non ha perso il suo fascino. Le tecnologie digitali hanno ormai soppiantato gli effetti pratici, ma il film rimane una testimonianza di quanto si potesse ottenere con maestria artigianale e creatività pura. Un'opera da riscoprire, soprattutto per chi apprezza il lato artistico e tecnico della cinematografia fantasy. Io non sono mai stato un fan del genere, ma alcuni lavori gasano.

Edizione: doppio DVD
Collector's Edition di scarso valore economico, ma contenente due dischi DVD. Nel primo il film con traccia in Dolby Digital a 4 canali, rarissima come cosa ed il secondo con esclusivamente contenuti extra. Ecco come questi sono suddivisi:
Disco 1:
  • Commento audio di Brian Froud
Disco 2: 
  • The World of The Dark Crystal (57 minuti)
  • Reflections of  The Dark Crystal (37 minuti)
  • 8 scena extra
  • 2 gallerie fotografiche
 

martedì 1 aprile 2025

Queen - News Of The World

 



Autore: Queen
Anno: 1977
Tracce: 11
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Ci sono album che definiscono un'epoca, e poi ci sono album che sfidano il tempo stesso. News of the World appartiene a questa seconda categoria. Pubblicato nel 1977, è un'opera che non solo cattura l'energia e la versatilità dei Queen, ma consolida il loro status di icone immortali del rock. Con la sua iconica copertina disegnata da Frank Kelly Freas, l'album porta con sé un senso di grandiosità e drammaticità che si riflette perfettamente nella musica. Personalmente, ho incorniciato nel mio angolo musicale la versione pubblicitaria della copertina in cui il robot cerca di catturare gli uomini con la sua grande mano.

Fin dall'inizio, l'impatto è devastante: We Will Rock You e We Are the Champions sono inni destinati all'eternità, costruiti per riempire stadi e scolpiti nella memoria collettiva della cultura musicale. Sono brani che superano il concetto stesso di canzone rock e diventano simboli.

Ma sarebbe un errore ridurre l'album solo a questi due giganti. Sheer Heart Attack (da non confondere con l'omonimo albumè un'esplosione punk aggressiva che anticipa certe sonorità della fine degli anni '70, mentre Spread Your Wings dimostra la sensibilità melodica di John Deacon con una ballata che si libra con grazia sopra riff avvolgenti. Fight from the Inside e Get Down, Make Love mostrano il lato più sporco e sperimentale della band, con influenze funk e hard rock fuse in un mix di potenza e sensualità.

Sleeping on the Sidewalk, con il suo groove bluesy e l'approccio rilassato di Brian May, offre una pausa prima che Who Needs You introduca sonorità latineggianti in un album già incredibilmente vario. La chiusura con It's Late e My Melancholy Blues conferma il genio compositivo della band: il primo è un viaggio epico nel rock drammatico, il secondo un brano jazzato che Freddie Mercury trasforma in un'intima confessione.

A distanza di quasi cinquant'anni, News of the World rimane un'opera imprescindibile per chiunque voglia comprendere la grandezza dei Queen. Non solo un album di successo, ma una dichiarazione d'intenti: i Queen non si sarebbero mai fermati davanti a nulla, esplorando generi, suoni e dinamiche con un coraggio che ancora oggi ispira. E forse, proprio come il robot di Freas che ci guarda dalla copertina, continueranno a farlo per sempre.



Ghiblification

 

Il Diluvio di Facce Ghibli e l’Inarrestabile Corsa all’Appiattimento Digitale

Ormai ci siamo dentro fino al collo: apri un social qualsiasi e vieni sommerso da un’orda di facce trasformate in personaggi da cartone animato. Tutti, ma proprio tutti, sembrano essere diventati protagonisti di un film dello Studio Ghibli, con occhi luccicanti e fondali bucolici da sogno. Il problema? Questo trend è ormai ovunque, talmente diffuso che persino il mio frigorifero potrebbe decidere di presentarsi con un filtro anime mentre cerco di prendere un succhino. 

E ovviamente non ho potuto fare a meno di provarlo anch’io. Perché sì, è una moda un po’ scocciante, ma è anche maledettamente divertente.

Benvenuti nell’era del Ghibli-fication selvaggio

Non fraintendetemi, il fascino di vedere la propria faccia trasformata in un’illustrazione d’autore è innegabile. Ti senti un po’ come quei due quando scoprono Totoro per la prima volta: un mondo magico e affascinante che ti fa sorridere… fino a quando non realizzi che ogni singola persona sui social ha incontrato lo stesso Coso e ora siamo circondati da cloni digitali con la medesima espressione sognante.. Un esercito di copie che avanzano inesorabili, pronti a riempire le bacheche con versioni alternative di se stessi.

E non finisce qui: perché limitarsi allo stile Ghibli quando puoi diventare un personaggio Disney, un Simpson, un supereroe Marvel o persino una versione animata di te stesso nel peggior stile generato dall’intelligenza artificiale? Il tutto mentre gigabyte di dati personali vengono allegramente ceduti a qualche misteriosa startup, che nel frattempo si sta costruendo un database mondiale di volti, magari per scopi “innocui” (forse).

IA: salverà il mondo o ci trasformerà tutti in adesivi?

Quando ci hanno promesso che l’intelligenza artificiale avrebbe migliorato l’umanità, l’idea era un tantino più ambiziosa di "trasformare ogni selfie in un cartone animato". E invece eccoci qui, a usare il più grande balzo tecnologico del secolo per giocare a fare i protagonisti di un film animato. Diciamo che se Skynet deciderà di sterminarci tutti, un po’ ce la saremo cercata.

Nel frattempo, però, ci divertiamo. Perché sì, è un’idiozia, ma è un’idiozia simpatica. C’è qualcosa di affascinante nel vedersi trasportati in un universo illustrato, anche se lo fanno tutti, anche se non è per niente originale, anche se ormai anche il tuo capo ha messo la sua versione anime su LinkedIn e sai che qualcosa è andato terribilmente storto.

E il copyright? Ci vediamo in tribunale!

C’è poi il piccolo dettaglio della legalità. Perché, sorpresa sorpresa, il mondo dell’animazione non è esattamente entusiasta di questo saccheggio visivo su scala globale. Gli artisti tradizionali (quelli veri, che disegnano con le mani e non con un algoritmo) sono già sul piede di guerra, mentre gli avvocati dei grandi studi cinematografici stanno probabilmente sfregandosi le mani in attesa della prima maxi-causa per violazione di copyright.

Quindi, ecco lo scenario più probabile: ci divertiremo per qualche mese, poi arriverà qualche colosso dell’intrattenimento a spegnere la festa, tra denunce, blocchi e app improvvisamente sparite dal mercato. A quel punto ci guarderemo indietro e ci chiederemo: “Era davvero così necessario?”.

Ovviamente no.

Ma era divertente? Maledettamente sì.

Conclusione: continuiamo a giocare, ma con moderazione

In fondo, non c’è nulla di male nel divertirsi con questi filtri e lasciarsi prendere dall’entusiasmo di vedersi in versione cartone animato. Basta solo non perdere il controllo e non trasformare i nostri feed in un’infinita galleria di sosia digitali, almeno finché non inventeranno qualcosa di ancora più inutile con cui distrarci.

E ora scusatemi, devo tornare a generare la mia versione Ghibli con un gatto parlante e una città sospesa nel cielo. Perché sì, lo so, ho appena criticato questa moda… ma resistere è impossibile. Anzi vi metto la versione di me POVERINO, rubata da LeonardoIA, senza chiamare in causa stili al momento abusati:




domenica 30 marzo 2025

La Cosa Da Un Altro Mondo (1951)

Image of 1951 theatrical poster
Regia: Christian Nyby, Howard Hawks
Anno: 1951
Titolo originale: The Thing From Another World
Voto e recensione: 5/10
Pagina di IMDB (7.1)
Pagina di I Check Movies
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Film:

Quando si parla di "La Cosa", il capolavoro di John Carpenter del 1982 viene spesso considerato il punto di riferimento assoluto. Tuttavia, il film di Carpenter ha un predecessore predecessore del 1951, La Cosa dell'altro mondo (The Thing from Another World), diretto da Christian Nyby sotto la supervisione del grande Howard Hawks (regista non accreditato)

Basato sul racconto Who Goes There? di John W. Campbell, questo film rappresenta la prima trasposizione cinematografica dell'idea di un'entità aliena ostile confinata in un avamposto isolato. Pur essendo lontano dalle atmosfere paranoiche e viscerali della versione di Carpenter, mantiene comunque un valore storico e cinematografico significativo. Si tratta quindi di un horror fantascientifico dal taglio classico

Il film segue un gruppo di scienziati e militari in una base artica che scoprono e riportano in vita una creatura aliena imprigionata nel ghiaccio. A differenza della versione di Carpenter, qui la minaccia è più concreta e meno subdola: il mostro è una creatura umanoide che si muove e attacca come un predatore implacabile. Non c'è il concetto di assimilazione o imitazione, ma piuttosto uno scontro diretto tra uomini e alieno con una struttura di tipo vegetale, ma comunque dalle sembianze umanoidi.

Uno degli elementi più interessanti del film è il ritmo incalzante dei dialoghi, tipico dello stile di Hawks, che dona realismo e dinamismo alle interazioni tra i personaggi, anche se a distanza di oltre settanta anni possano questi sembrare davvero vetusti. Anche se le tensioni tra scienza e militarismo sono presenti, il film si schiera decisamente dalla parte dell'azione e della risoluzione pragmatica del problema, a differenza del più ambiguo e angosciante approccio carpenteriano.

Dal punto di vista visivo, il film è figlio della sua epoca: gli effetti speciali sono rudimentali e la creatura, pur inquietante nel suo design, non riesce a trasmettere lo stesso senso di terrore e mistero della versione di Carpenter. Inoltre, il tema dell’invasione aliena riflette il clima della Guerra Fredda e la paura dell’ignoto, più che un vero e proprio horror psicologico.

Se confrontato con la pellicola del 1982, La Cosa dell'altro mondo risulta meno incisivo e meno spaventoso, ma rimane comunque un pezzo importante della storia del cinema di fantascienza. La sua importanza non si misura solo con gli standard attuali, ma con la sua influenza sul genere e sulla sua capacità di introdurre un concetto destinato a essere sviluppato con maggiore profondità e inquietudine nel futuro.

Pur preferendo il film di Carpenter, riconosco il merito di La Cosa dell'altro mondo come una delle prime pellicole a portare sullo schermo la paura dell’ignoto extraterrestre. È un film che va visto con la giusta contestualizzazione storica e che, nonostante i suoi limiti, rimane un classico della fantascienza anni ’50. Se si vuole comprendere l’evoluzione dell’horror e della sci-fi, è una visione obbligata.

Edizione: doppio DVD
Edizione a cofanetto con slipcover in cartoncino, purtroppo un solo artwork ripetuto anche sulla custodia, che contiene oltre che a due dischi DVD anche una cartolina rigida con la locandina originale. Nel primo disco abbiamo la versione con colori (lavoro non perfetto vista l'età, ma godibile) mentre nel secondo quella originale in bianco e nero con formato originale. In entrambe le versioni la traccia audio italiana è in stereo e gli extra sono i medesimi:
  • Trailer
  • Galleria fotografica
  • 2 schede testuali

sabato 29 marzo 2025

Prossime gite On The Road con Carado cv590

 

Viaggi Epici attraverso l'Europa (e più in là)

Io e il mio amico Gettons, socio di maggioranza in questa avventura economica, ci prepariamo a esplorare il MONDO a bordo del nostro Carado CV590 4x4. Come veri avventurieri, attraverseremo paesaggi mozzafiato, affronteremo strade sconosciute e scopriremo angoli nascosti del continente, spingendoci oltre i confini del viaggio convenzionale. La libertà di un camper van 4x4 ci permetterà di raggiungere luoghi remoti e vivere esperienze uniche, sempre con il comfort di una casa su quattro ruote. La scorsa estate erano state fatte alcune prove (qui l'inizio, qui la fine) con una specie di interrail o comunque spostandoci solo con mezzi pubblici. Le prossime esplorazioni vedranno cambiare mezzo: un van superattrezzato (ecco come usare Starlink in viaggio) con cucina, bagno e due letti più uno (che potrebbe essere il mio) per scoprire nuovi mondi e nuove culture. Soprattutto permetterà a lui di non prendere l'areo, neanche per raggiungere la Terra del Fuoco. Ecco VIKI cosa è riuscita a trovare per i 70K volatilizzati in questo piccolo gadget:

Caratteristiche Tecniche

  • Base e Motorizzazione

    • Telaio: Ford Transit
    • Motore: 2.0 TDCi
    • Potenza: 170 CV
    • Trasmissione: Manuale a 6 rapporti (
    • Trazione: Integrale 4x4
    • Omologazione: Euro 6D Final
  • Dimensioni e Peso

    • Lunghezza: 5,98 m
    • Larghezza: 2,05 m
    • Altezza: 2,83 m
    • Passo: 3,75 m
    • Peso a vuoto: Circa 3.000 kg
    • Massa massima autorizzata (MMA): 3.500 kg
  • Interni e Disposizione

    • Posti omologati: 4
    • Posti letto: 2+1 (letto posteriore trasversale, con opzione letto anteriore aggiuntivo)
    • Cucina: Piano cottura a gas con due fuochi, lavello in acciaio inox, frigorifero da 70 litri con apertura su entrambi i lati
    • Bagno: Compatto con WC a cassetta, doccia separata e lavandino
    • Zona giorno: Sedili anteriori girevoli, tavolo pieghevole, dinette compatta
    • Stivaggio: Pensili superiori, vano sotto il letto, armadi laterali
  • Impianti e Autonomia

    • Serbatoio acqua potabile: 100 litri
    • Serbatoio acque grigie: 90 litri
    • Impianto di riscaldamento: Truma Combi Diesel 
    • Impianto elettrico: Batteria servizi AGM da 95 Ah (opzionale batteria al litio)
    • Pannelli solari: Opzionali fino a 180W

Capacità Off-Road

Il Carado CV590 4x4 si distingue per la sua trazione integrale intelligente, che assicura una guida sicura su terreni difficili come neve, sabbia e sterrati. Grazie all'altezza da terra maggiorata e alle protezioni sottoscocca, questo van camperizzato offre una libertà di movimento superiore rispetto ai tradizionali furgonati a trazione anteriore.

Conclusione

Il Carado CV590 4x4 è la scelta ideale per chi cerca un camper compatto ma con prestazioni elevate, perfetto per viaggi avventurosi senza rinunciare al comfort. La sua combinazione di trazione integrale, efficienza degli spazi e dotazioni moderne lo rendono un veicolo perfetto per esploratori moderni e amanti della natura. Io e Gettons non vediamo l'ora di testarlo su strada, affrontando ogni tipo di percorso con la libertà di un viaggio senza confini!

Ora con questa piccola descrizione spero che arrivino i banner di Google Adsense relativi al Carado (nome in codice CORRADO) così mi posso rifare della spesa.
 

Juventus 1 - Genoa 0

 
Durante la pausa per le Nazionali, come tutti sapranno, Motta è stato esonerato ed al suo posto Inserito Tudor che porta con sè la juventinità. Termine che per me è  una scusa per nascondere l'ennesimo fallimento della scoietà ed il più grosso da parte di Giuntoli. Perchè va detto: Motta piaccia o no avrebbe dovuto portare avanti un progetto. Come in passato lo avevano Sarri e Pirlo. Non mi pronuncio su Allegri, perchè lui è stato richiamato e quindi gli iniziali progetti accantonati. Adesso si torna con il traghettatore, che probabilmente riceverà critiche per colpe non sue o elogi per meriti che almeno inizialmente non può avere. Lui, così come Motta, deve dimostrare di poter far ben in una squadra con le ambizioni della Juve. Fare bene altrove, in squadre che non lottano per la vittoria (infatti il caso di Sarri era differente, nonostante mi facesse abbastanza schifo), conta proprio poco. Comunque adesso abbiamo la juventinità in panchina anche se nella partita di oggi non è cambiato assolutamente niente. Koop sempre in campo a far la statua, vittoria strimizzita sebbene mai sofferta, diverse palle sprecate ed un po' di confusione. I giocatori quelli sono e oggi, ma come in altre occasioni, la voglia di portare a casa il risultato c'era. E questa era sparita negli ultimi tempi. Vittima però di avversari meno modesti e di esser passati subito in svantaggio. Vediamo per le prossime, questa ho voluto fortemente guardarla e son felice di aver vinto.

Artigli (1977)


Regia: Denis Heroux
 Anno: 1977
Titolo originale: The Uncanny
Voto e recensione: 3/10
Pagina di IMDB
Pagina di I Check Movies
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Film:
 Artigli (titolo originale "The Uncanny") è un film horror antologico del 1977 diretto da Denis Héroux, che esplora il lato oscuro e vendicativo dei gatti attraverso tre episodi distinti, incorniciati dalla storia di uno scrittore (Peter Cushing) deciso a dimostrare al suo editore (Ray Milland) la natura malefica dei felini.

Trama degli episodi:

  1. Londra, 1912: Una ricca anziana decide di lasciare tutta la sua eredità ai suoi gatti, scatenando l'ira della sua domestica e del nipote, che complottano per distruggere il testamento. Tuttavia, i gatti si rivelano protettivi e vendicativi nei confronti della loro padrona.

  2. Quebec, 1975: Lucy, una giovane orfana, si trasferisce a vivere con la zia e la cugina, che la maltrattano. Con l'aiuto del suo gatto Wellington e della magia nera, Lucy trova un modo per affrontare le sue oppressioni.

  3. Hollywood, 1936: Un attore (Donald Pleasence) trama l'omicidio della moglie per favorire la sua amante, ma il gatto della defunta non tarda a vendicarsi. In questo episodio, Donald Pleasence sembra divertirsi particolarmente nel suo ruolo, conferendo un tono più grottesco e ironico alla vicenda rispetto agli altri segmenti.

Come grande maestro di critica cinematografica punto il dito su una sceneggiatura banale e una regia poco ispirata, nonostante la presenza di attori di calibro come Cushing, Milland e Pleasence.

Tuttavia, il film presenta elementi di interesse per gli appassionati del genere horror antologico, soprattutto per l'atmosfera vintage e l'approccio narrativo tipico delle produzioni Amicus, nonostante questa non sia direttamente coinvolta nella produzione. La presenza di attori iconici e l'idea di esplorare la natura vendicativa dei gatti conferiscono al film un fascino particolare, anche se l'esecuzione potrebbe non soddisfare tutti gli spettatori.

"Artigli" offre uno sguardo curioso sul mondo dei felini attraverso storie che mescolano suspense, vendetta e un tocco di umorismo nero. Pur non essendo un capolavoro del cinema horror, può risultare interessante per chi apprezza le antologie e desidera riscoprire il fascino dei film di genere degli anni '70.

Edizione: DVD
Qualità un po' bassina, ma probabilmente si tratta di un film anzianotto e di serie B, quindi nessuno ha fatto salti mortali per portarlo in alta definizione. Comunque traccia audio in multicanale e come extra:
  • Galleria
  • Trailer
 

La Città Proibita (2025)


 
Regia: Gabriele Mainetti
Anno: 2025
Titolo originale: La Città Proibita 
Voto e recensione: 7/10
Pagina di IMDB (7.1)
Pagina di I Check Movies

Dopo "Lo chiamavano Jeeg Robot" e "Freaks Out", le aspettative per "La Città Proibita" erano altissime. E, per quanto il film non raggiunga l'impatto devastante dei suoi predecessori, si conferma comunque un'opera eccezionale, che dimostra ancora una volta il talento visivo e narrativo di Gabriele Mainetti.

Ambientato nella italianissima Roma multietnica, il film mescola azione, noir e dramma con una naturalezza sorprendente. Una delle caratteristiche che colpisce maggiormente è la qualità delle coreografie di combattimento corpo a corpo: non ricordo un film italiano che abbia mai osato tanto su questo fronte. Le scene d'azione sono fluide, coreografate con grande cura e girate con una fotografia che esalta ogni movimento, restituendo un dinamismo raro nel cinema nostrano.

I personaggi sono uno dei punti di forza della pellicola. Molti di loro hanno una profondità inaspettata e si rivelano autentiche merde (sì, lo scrivo così, perché rende bene l'idea). Mainetti non ha paura di mostrarci figure ambigue, oscure, mosse da interessi personali o dall'egoismo, rendendo il tutto molto più realistico e meno patinato rispetto a tanto cinema italiano contemporaneo.

Se c'è un punto in cui il film perde un po' di mordente, è nella parte centrale: il colpo di scena arriva con un ritmo un po' troppo dilatato e, sebbene funzioni nel contesto generale, avrebbe potuto essere gestito con più incisività. Inoltre, l'arrangiamento per forzare la storia d'amore tra i protagonisti mi è sembrato superfluo e meno riuscito rispetto al resto del film. Fortunatamente, questi elementi non intaccano troppo la potenza visiva e narrativa del racconto.

La fotografia merita un discorso a parte. Come già accaduto in "Freaks Out", Mainetti dimostra di avere un occhio incredibile per l'immagine. Ogni inquadratura è studiata con cura, con una Roma che si fa viva e pulsante, in bilico tra degrado e fascino, tra luci al neon e ombre minacciose. La città diventa un personaggio a tutti gli effetti, capace di influenzare gli eventi tanto quanto gli esseri umani che la popolano.

In definitiva, "La Città Proibita" è un altro centro per Mainetti, anche se con qualche riserva. Meno dirompente rispetto ai suoi precedenti lavori, ma comunque un film di altissimo livello, che lascia il segno e dimostra ancora una volta che in Italia si può fare cinema di genere con qualità e ambizione. Imperdibile.


 
 
 

venerdì 28 marzo 2025

Reacher [Stagione 3]

 

Anno: 2025 
Titolo originale: Reacher
Stagione: 3
Numero episodi: 8
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La terza stagione di Reacher adatta La vittima designata (Persuader), un romanzo che ho letto ma di cui ricordo poco. Questo potrebbe essere un punto a favore della serie, permettendomi di viverla senza il peso del confronto diretto con il libro. Tuttavia, pur trovandola godibile, non posso negare di aver avvertito una certa stanchezza nella formula.

Alan Ritchson è sempre perfetto nel ruolo di Jack Reacher, fisicamente imponente e letale come ci si aspetta. L’atmosfera resta in linea con quella dei romanzi: oscura, violenta, con un protagonista che affronta tutto con il suo solito mix di logica implacabile e pugni devastanti. La storia, che si sviluppa attorno a un'operazione sotto copertura con un forte elemento di vendetta personale, riesce a mantenere alta la tensione, anche se non sempre sorprende.

Il problema principale è che, dopo tre stagioni, la serie sembra girare un po’ in tondo. Gli scontri fisici sono ancora spettacolari, ma prevedibili. La struttura narrativa segue binari collaudati, con Reacher che analizza, combatte, smaschera i nemici e prosegue senza mai un cedimento. Se da un lato questa coerenza è apprezzabile, dall’altro inizia a far perdere mordente alla visione.

In definitiva, Reacher 3 è un buon intrattenimento, ma la sua ripetitività comincia a farsi sentire. Rimane una serie solida per chi ama il genere e il personaggio, ma servirebbe una scossa per evitare che la stanchezza prenda il sopravvento.


giovedì 27 marzo 2025

Sonic - Il Film (2020)

The titular Sonic the Hedgehog runs on a road pursued by drones and missles, atop a background of a cityscape and a ring with Dr. Robotnik inside it.
Regia: Jeff Fowler
Anno: 2020
Titolo originale: Sonic The Hedgehog
Voto e recensione: 5/10
Pagina di IMDB (6.5)
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Film:

Quando si parla di adattamenti cinematografici di videogiochi, spesso il risultato è incerto, con film che finiscono per tradire lo spirito del materiale originale o semplicemente non riuscire a trovare il giusto equilibrio tra fan service e una storia godibile per tutti. Sonic - Il film  sorprende perché, pur prendendosi alcune libertà, riesce a essere un prodotto divertente e ben confezionato, perfettamente adatto a un pubblico variegato. Sicuramente può avvicinare nuove leve ai vecchi prodotti.

Non sono mai stato un grande giocatore di Sonic. Da bambino, nella guerra tra Nintendo e Sega, tendevo a schierarmi più con la prima, sebbene non avessi nemmeno una console dell’epoca. Questo significa che, pur conoscendo il personaggio e avendo avuto modo di provarlo sporadicamente, non avevo un legame nostalgico così forte con il franchise. Proprio per questo mi ha colpito il fatto che il film sia riuscito a intrattenermi senza farmi sentire escluso da un universo che non mi apparteneva del tutto.

La trama è piuttosto semplice: Sonic, un riccio alieno dotato di velocità straordinaria, vive nascosto sulla Terra per sfuggire a coloro che vogliono catturarlo e sfruttare il suo potere. Nel corso della sua permanenza nel nostro mondo, finisce per attirare l’attenzione del governo, che incarica il geniale e megalomane Dr. Robotnik di catturarlo. A interpretare il cattivo c’è Jim Carrey, in una versione più snella e meno cartoonesca rispetto all’iconico Eggman del videogioco, ma comunque perfettamente sopra le righe. Il suo Robotnik è un ritorno ai ruoli comici e fisici che lo hanno reso famoso negli anni ‘90, con una performance che ruba la scena in più occasioni. Curiosamente, il suo taglio di capelli in questo film è esattamente lo stesso che ho io ora, il che ha reso la visione ancora più bizzarra.

Visivamente, il film è colorato e vivace, con effetti speciali più che discreti, soprattutto considerando che la produzione è partita con il famigerato design originale di Sonic, poi scartato in favore di uno più fedele a quello visto nei videogiochi dopo le critiche dei fan. Il risultato finale è un personaggio credibile e ben animato, con una personalità simpatica e vivace che lo rende un protagonista facilmente apprezzabile.

La commedia è leggera, con un mix di gag slapstick, battute moderne e qualche citazione che i fan più accaniti apprezzeranno. La dinamica tra Sonic e il coprotagonista umano, interpretato da James Marsden (casualmente appena visto in Westworld), funziona bene e richiama un po’ il classico schema del buddy movie. Certo, la sceneggiatura non è particolarmente originale, e il film non si prende mai troppi rischi, seguendo il percorso più sicuro possibile, ma è un’operazione riuscita per quello che si propone di essere: un film per famiglie con un ritmo veloce e un personaggio iconico al centro dell’azione.

Sonic - Il film non è un capolavoro né un film che rivoluziona il genere, ma è una visione piacevole, che scorre bene e riesce a evitare la maledizione degli adattamenti da videogiochi. Se si è fan del riccio blu, probabilmente sarà un’esperienza ancora più apprezzabile; se, come me, si è sempre stati più vicini ad altri videogiochi, resta comunque un film godibile che non pretende troppo dallo spettatore.

 
Edizione: bluray
Classica amaray con traccia italiana in Dolby Digital 5.1 e molti extra:
  • Commento audio
  • Il giro del mondo in 80 secondi (2 minuti)
  • Scene inedite (13 minuti)
  •  Papere (2 minuti)
  • Video musicale Speed Up Me
  • Per amore di Sonic (4 minuti)
  • La creazione di Robotnik (4 minuti)
  • Bufera blu: la nascita di Sonic (6 minuti)
  • Sonic sul set (3 minuti)
 
 

Archiviare film fisicamente

 

IL DECLINO DEL SUPPORTO FISICO: ANCHE I MOBILI GETTANO LA SPUGNA

C’è un problema sottovalutato nell’inarrestabile declino del supporto fisico: trovare un mobile decente per i DVD e i Blu-ray è diventata un’impresa titanica. Non parlo delle solite librerie IKEA che si adattano a tutto e a niente, ma di veri e propri espositori pensati per collezioni organizzate, magari con dimensioni studiate apposta per evitare di sprecare spazio.

Una volta, chi collezionava film aveva a disposizione interi cataloghi di soluzioni dedicate. Torri porta-DVD, scaffali modulari, persino eleganti mobili con ante a vetro. Poi è arrivato lo streaming, il digitale, il cloud. E con essi, la desertificazione del mercato dei supporti fisici. Non solo i film in formato disco sono diventati prodotti di nicchia, ma anche i mobili per contenerli sono scomparsi quasi del tutto. Se cerchi qualcosa oggi, ti ritrovi a fare i conti con quattro possibilità:

  1. L’usato vintage – Oggetti fuori produzione, spesso trovabili solo su eBay o mercatini dell’usato. Peccato che molti abbiano design discutibili o siano progettati in plastica per le collezioni non proprio da esporre 
  2. Adattare mobili generici – Le librerie BILLY e KALLAX di IKEA regnano sovrane. Ma sono soluzioni pensate per libri, non per DVD e Blu-ray, con ripiani spesso troppo profondi o altezze inutilmente abbondanti. Un’accozzaglia di dischi che scivolano indietro, di spazi vuoti e di organizzazioni raffazzonate.
  3. Soluzioni artigianali – Farsi costruire mobili su misura è possibile, ma decisamente costoso. Oppure bisogna armarsi di pazienza e spirito di adattamento, modificando mobili esistenti con divisori e staffe improvvisate.
  4. Sborsare soldi o perdere tempo – Esistono ancora prodotti specifici, ma spesso hanno prezzi ingiustificatamente alti o si trovano solo in negozi di nicchia. L’alternativa è passare ore su vari store online, confrontando modelli che sembrano perfetti in foto ma che poi, nei dettagli, hanno sempre qualche difetto o limite frustrante.

Nel corso degli ho trovato comunque diverse soluzioni, anche se purtroppo con disponibilità limitata. Non me ne vogliate, ma a sto giro non metto link per paura che possiate finirmi ogni scorta. 

Questa situazione è lo specchio di una realtà ormai evidente: il mercato non crede più nei supporti fisici, e di conseguenza non investe più nei complementi d’arredo per chi vuole conservarli. Chi colleziona film oggi è costretto a muoversi come un archeologo nel proprio tempo, cercando di preservare con dignità qualcosa che il mondo ha deciso di abbandonare.

Eppure, il paradosso è che il supporto fisico, per gli appassionati, ha ancora un valore insostituibile. Qualità video e audio superiore, edizioni limitate, contenuti speciali, il piacere di possedere qualcosa di tangibile. Ma per il mercato, se non puoi chiuderlo in un hard disk o in un server, semplicemente non esiste più.

Mi chiedo fino a quando si troveranno ancora mobili adatti prima che anche gli ultimi esemplari diventino reliquie di un’epoca passata. Magari, tra qualche anno, il mobile porta-DVD diventerà un pezzo d’antiquariato, un oggetto di culto per collezionisti nostalgici. Ma fino ad allora, chi non vuole rinunciare a esporre la propria collezione dovrà accontentarsi di soluzioni di fortuna. O costruirsele da solo.

Libri e vinili resistono, i CD arrancano

C’è però una curiosa eccezione a questo declino generalizzato: i libri. Fortunatamente, per loro esistono ancora librerie di ogni forma e dimensione, pensate per ospitare collezioni di qualsiasi genere. Anche il vinile, dato per morto decenni fa, è riuscito a risorgere con una forza inaspettata, e infatti non è raro trovare mobili specifici per raccogliere e organizzare LP in modo ordinato e funzionale.

I CD, invece, seguono la triste sorte dei DVD. Anche loro sembrano ormai confinati alla categoria degli ingombri inutili, tanto che trovare un mobile decente per esporli è quasi altrettanto difficile. Sembra che il mondo abbia deciso che la musica debba esistere solo in digitale, senza più bisogno di spazio fisico.

Alla fine, sembra che la selezione naturale dell’arredamento abbia decretato che solo alcuni supporti meritano di sopravvivere. Per il resto, ci tocca arrangiarci.