Francesco De Gregori – Terra di nessuno (1987) | Recensione
"Terra di nessuno", pubblicato nel 1987, è un album che segna una fase di transizione per Francesco De Gregori. Dopo Scacchi e Tarocchi (1985), il cantautore romano esplora nuovi territori musicali, con arrangiamenti più elettronici e una produzione più stratificata. Il disco si distacca dalle sonorità più calde e acustiche del passato, abbracciando atmosfere più fredde e rarefatte, in linea con le tendenze musicali di fine anni '80.
Un album enigmatico e sfuggente
Il titolo Terra di nessuno suggerisce proprio questa dimensione di incertezza e ricerca, sia sul piano musicale che tematico. De Gregori abbandona le narrazioni più classiche per concentrarsi su immagini evocative, testi criptici e suggestioni poetiche. Ne risulta un album poco immediato, ma affascinante per chi ne coglie le sfumature.
Analisi delle tracce
Lato A
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Il canto delle sirene (6:39)
Un brano onirico e ipnotico, con un arrangiamento avvolgente e un testo enigmatico. L'idea del richiamo irresistibile delle sirene può essere interpretata come una metafora del desiderio e dell'illusione. -
Pilota di guerra (4:26)
Ispirata a Pilota di guerra di Antoine de Saint-Exupéry, questa canzone racconta la solitudine e la riflessione di un aviatore, utilizzando il volo come simbolo dell'esistenza umana. L'atmosfera rarefatta e il testo riflessivo la rendono una delle tracce più intense dell’album. -
Capatàz (3:23)
Qui De Gregori dipinge un personaggio ambiguo, il Capatàz, capo autoritario e quasi leggendario. Il ritmo incalzante e l'uso delle percussioni danno al brano un sapore epico. -
Pane e castagne (4:04)
Un pezzo che richiama la tradizione contadina e i ricordi d'infanzia, ma con un senso di nostalgia e disillusione. Il titolo richiama la semplicità di un tempo che sembra perduto.
Lato B
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Nero (2:52)
Un brano breve ma denso, caratterizzato da un testo oscuro e da una musica che evoca un senso di oppressione e inquietudine. -
Mimì sarà (5:07)
Uno dei momenti più poetici del disco, con un testo che gioca sull’identità e sulla trasformazione. Il nome "Mimì" potrebbe rimandare a molteplici riferimenti culturali e letterari. -
Spalle larghe (3:29)
Una riflessione sul tempo che passa, sulla resistenza e sulla capacità di affrontare la vita con determinazione. Il suono è più classico rispetto ad altre tracce. -
I matti (3:31)
Una delle canzoni più enigmatiche dell’album, dedicata a coloro che vivono ai margini, visti con uno sguardo quasi affettuoso. -
Vecchia valigia (4:00)
Chiude l'album con un tono malinconico e un testo che evoca partenze e ricordi. Il tema del viaggio è sempre stato caro a De Gregori, e qui viene affrontato con una delicatezza particolare.
Un album sottovalutato, ma da riscoprire
Pur non essendo tra i lavori più celebri di De Gregori, Terra di nessuno è un album che merita attenzione per le sue atmosfere sospese e la sua profondità poetica. La scelta di suoni più moderni e sintetizzati potrebbe aver spiazzato parte del pubblico dell’epoca, ma a distanza di anni il disco si rivela un tassello prezioso nella discografia del cantautore. Non è un album immediato, ma chi vi si immerge con pazienza scoprirà un De Gregori più sperimentale, introspettivo e affascinante.
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