
Stephen King ha sempre avuto un talento particolare per trasformare gli angoli più tranquilli d’America in incubi rurali. Grano rosso sangue (Children of the Corn), tratto da un suo racconto contenuto in A Volte Ritornano, è l’ennesima dimostrazione di come una cittadina sperduta possa diventare il peggiore dei luoghi da visitare.I protagonisti, interpretati da Peter Horton e Linda Hamilton (sì, proprio la futura Sarah Connor di Terminator), finiscono a Gatlin, un villaggio del Nebraska in cui gli adulti sono spariti e i bambini hanno deciso che venerare una divinità del mais fosse più produttivo di un’educazione scolastica decente. Al comando c’è Isaac, un predicatore in miniatura con una voce inquietante e un guardaroba che sembra uscito da una sfilata di cosplay medievale. Il suo braccio destro, Malachia, è il classico teppistello con i capelli da Rosso Malpelo di Verga e lo sguardo di chi ha perso una rissa con un trattore. Qui arriva la parte divertente: questi ragazzetti fanatici, con i loro vestiti da setta e le facce minacciose, ricordano un po’ i maranza di oggi. Solo che invece di scorrazzare in motorino con marsupio e felpa firmata, brandiscono falci e parlano come se stessero per recitare la Bibbia in un talent show. La minaccia c’è, certo, ma ogni tanto ti viene da chiederti se qualcuno di loro non si sia vestito così per sbaglio, scambiando Gatlin per una fiera dello zoticone. Il film alterna momenti genuinamente inquietanti a scene che oggi risultano più ingenue che spaventose. La tensione c’è, il concetto di bambini assassini funziona sempre, ma la messa in scena e gli effetti speciali non hanno retto benissimo il peso degli anni. Tuttavia, Grano rosso sangue resta un horror cult, tipico dei mitici anni ottanta, con un’atmosfera unica e un messaggio chiaro: se vedi un campo di mais e un gruppo di ragazzini vestiti come seminaristi indemoniati… gira l’auto e scappa.
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