Dopo "Lo chiamavano Jeeg Robot" e "Freaks Out", le aspettative per "La Città Proibita" erano altissime. E, per quanto il film non raggiunga l'impatto devastante dei suoi predecessori, si conferma comunque un'opera eccezionale, che dimostra ancora una volta il talento visivo e narrativo di Gabriele Mainetti.
Ambientato nella italianissima Roma multietnica, il film mescola azione, noir e dramma con una naturalezza sorprendente. Una delle caratteristiche che colpisce maggiormente è la qualità delle coreografie di combattimento corpo a corpo: non ricordo un film italiano che abbia mai osato tanto su questo fronte. Le scene d'azione sono fluide, coreografate con grande cura e girate con una fotografia che esalta ogni movimento, restituendo un dinamismo raro nel cinema nostrano.
I personaggi sono uno dei punti di forza della pellicola. Molti di loro hanno una profondità inaspettata e si rivelano autentiche merde (sì, lo scrivo così, perché rende bene l'idea). Mainetti non ha paura di mostrarci figure ambigue, oscure, mosse da interessi personali o dall'egoismo, rendendo il tutto molto più realistico e meno patinato rispetto a tanto cinema italiano contemporaneo.
Se c'è un punto in cui il film perde un po' di mordente, è nella parte centrale: il colpo di scena arriva con un ritmo un po' troppo dilatato e, sebbene funzioni nel contesto generale, avrebbe potuto essere gestito con più incisività. Inoltre, l'arrangiamento per forzare la storia d'amore tra i protagonisti mi è sembrato superfluo e meno riuscito rispetto al resto del film. Fortunatamente, questi elementi non intaccano troppo la potenza visiva e narrativa del racconto.
La fotografia merita un discorso a parte. Come già accaduto in "Freaks Out", Mainetti dimostra di avere un occhio incredibile per l'immagine. Ogni inquadratura è studiata con cura, con una Roma che si fa viva e pulsante, in bilico tra degrado e fascino, tra luci al neon e ombre minacciose. La città diventa un personaggio a tutti gli effetti, capace di influenzare gli eventi tanto quanto gli esseri umani che la popolano.
In definitiva, "La Città Proibita" è un altro centro per Mainetti, anche se con qualche riserva. Meno dirompente rispetto ai suoi precedenti lavori, ma comunque un film di altissimo livello, che lascia il segno e dimostra ancora una volta che in Italia si può fare cinema di genere con qualità e ambizione. Imperdibile.
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