Aftermath – The Rolling Stones (1966): tra evoluzione e provocazione
Non sono mai stato una grande fan dei Rolling Stones, eppure ho entrambe le versioni di Aftermath: quella UK in CD e quella USA in vinile (che ora vanno parecchio di moda) . Non è stato un acquisto dettato dall’amore per la band, ma piuttosto dalla voglia di capire perché abbiano avuto un impatto così enorme sulla storia del rock. Mio babbo, al contrario, li ascoltava volentieri, forse anche per quella contrapposizione quasi ideologica con i Beatles che ai tempi era un classico.
Se c’è una canzone degli Stones che mi ha sempre colpito, però, è Paint It, Black. Oscura, ipnotica, con quel riff di sitar che Brian Jones suona come se fosse un incantesimo. È proprio per questo che la versione USA di Aftermath, che la include in apertura, ha sempre avuto un fascino speciale per me: è un ingresso potente in un album che segna la maturità della band. Quando presi il CD della versione UK, ero ignaro che mancasse.
Un album di svolta per gli Stones
Pubblicato nel 1966, Aftermath è il primo album interamente scritto da Jagger e Richards. Non ci sono più cover blues o rock’n’roll: qui gli Stones cominciano davvero a definire il loro stile, con testi più taglienti e arrangiamenti più ambiziosi. È un disco che non cerca di piacere a tutti i costi, e questo lo rende ancora più interessante.
Gli strumenti usati sono insoliti per un album rock dell’epoca: il sitar in Paint It, Black, il dulcimer appalachiano in Lady Jane, la marimba in Under My Thumb. Il risultato è un suono più vario e sofisticato rispetto ai dischi precedenti. I testi, poi, mostrano il lato più cinico e provocatorio della band: Under My Thumb è una sorta di vendetta emotiva, Stupid Girl un attacco feroce (e un po’ misogino) alle donne superficiali, mentre Mother’s Little Helper fotografa con sarcasmo la dipendenza delle casalinghe dagli ansiolitici.
Versione UK vs. Versione USA
Come spesso accadeva negli anni ’60, le edizioni inglese e americana differiscono:
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UK Version (14 tracce, aprile 1966)
Più completa e organica, include Out of Time, uno dei brani più pop e orecchiabili del disco, e Take It or Leave It, una ballata delicata che bilancia i toni più aggressivi dell’album. -
USA Version (11 tracce, giugno 1966)
Meno tracce, ma con il vantaggio di aprirsi con Paint It, Black, che in UK uscì solo come singolo. Questo cambia completamente la percezione dell’album: la versione americana suona più oscura e intensa fin dall’inizio, ma perde alcuni brani significativi.
Un album seminale, anche per chi non è fan
Pur non essendo una devota degli Stones, riconosco che Aftermath è un disco fondamentale. È il momento in cui la band smette di essere un semplice fenomeno da classifica e diventa un punto di riferimento del rock.
Se la versione UK offre un quadro più ampio della loro evoluzione, quella USA ha l’indiscutibile punto di forza di iniziare con Paint It, Black. E per me, che considero quella canzone la loro vetta assoluta, non è un dettaglio da poco.
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