
L’idea di base è già intrigante di suo: un parco a tema western dove gli ospiti umani possono fare ciò che vogliono con gli androidi, chiamati “residenti” . Ma non ci troviamo di fronte a una semplice storia di robot ribelli. Qui si parla di coscienza, memoria, libero arbitrio e manipolazione. I residenti credono di avere scelte, ma sono solo marionette in un copione scritto da altri. E gli esseri umani? Sono poi così diversi?
Il racconto si dipana seguendo personaggi chiave, tutti ben costruiti e con archi narrativi che, pezzo dopo pezzo, svelano il grande disegno. Dolores è il volto dell’evoluzione: da ragazza ingenua del West a qualcosa di più profondo e inaspettato. Maeve, invece, è il personaggio che forse mi ha intrigato di più: la sua scalata alla consapevolezza, il modo in cui prende in mano il suo destino (o almeno crede di farlo) è pura adrenalina. William e l’Uomo in Nero aggiungono un livello di mistero e ambiguità che ho apprezzato sempre di più con il passare degli episodi, mentre il Dr. Ford, con il suo sguardo onnisciente, guida il tutto come un burattinaio silenzioso. In molti sono creta nelle sue mani ed in molti sono le sue palline rimbalzine.
Ciò che mi ha davvero gasato, però, è stata la struttura narrativa. I continui flashback, che inizialmente sembrano semplici frammenti di ricordi o addirittura trame sulla stessa linea temporale, si rivelano invece fondamentali per svelare l’inganno che permea l’intera storia. Ogni pezzo si incastra al posto giusto, e più si va avanti, più tutto assume senso. Quando ho iniziato a intuire dove volesse andare a parare, il coinvolgimento è schizzato alle stelle.
Rispetto al film del 1973, che puntava di più sulla tensione action con la minaccia rappresentata dagli androidi (come il mitico Yul Brynner nei panni del Gunslinger), la serie ribalta la prospettiva: qui sono gli umani a essere spietati, mentre gli host diventano vittime e, forse, futuri carnefici. Ma è davvero una semplice lotta tra creatori e creature? O c’è qualcosa di più profondo che riguarda tutti noi?
La prima stagione di Westworld è un’esperienza che va oltre il classico sci-fi: è un viaggio mentale che mette in discussione il concetto stesso di esistenza. Se i nostri ricordi fossero solo un’illusione? Se le nostre scelte fossero già scritte? E soprattutto: quanto di quello che crediamo essere libero arbitrio è davvero tale? Domande che rendono questa serie qualcosa di più di un semplice intrattenimento.
Per me, è un grande sì.
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