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lunedì 7 aprile 2025

Carta igienica di bambù

 

Ho chiesto a Viki di darmi qualche indicazione ed informazione per poterci districare su un tema molto terra terra: la carta igienica. Il focus è quello relativo ai prodotti su base bambù. I clienti di VER saranno entusiasti di provare sui propri sederini, alternative poco conosciute. 


Carta igienica ecologica: il bambù è davvero meglio?

Negli ultimi tempi, tra gli scaffali dei supermercati e le pubblicità sui social, si fa sempre più strada un'alternativa apparentemente virtuosa alla tradizionale carta igienica: quella prodotta in bambù. Le promesse sono tante – minore impatto ambientale, maggiore delicatezza sulla pelle, resistenza superiore – ma quanto c'è di vero? E soprattutto: conviene davvero?

Un confronto di sostanza

Partiamo da ciò che conosciamo bene: la carta igienica tradizionale, prodotta da cellulosa vergine. Proviene quasi sempre da alberi coltivati appositamente, ma spesso il ciclo di vita di queste piante è lungo, e l'abbattimento comporta una perdita netta per gli ecosistemi. Il processo di produzione, inoltre, richiede grandi quantità di acqua, energia e, in alcuni casi, prodotti chimici sbiancanti o profumazioni artificiali che possono causare irritazioni.

La carta igienica in bambù, invece, viene presentata come sostenibile perché il bambù cresce rapidamente, senza bisogno di pesticidi, e può essere raccolto ogni anno senza sradicare la pianta. È un materiale naturalmente antibatterico, ipoallergenico, resistente e biodegradabile. Ma è tutto oro quello che luccica?

Il lato economico: quanto costa davvero essere sostenibili?

A prima vista, i rotoli in bambù possono sembrare più economici: alcune confezioni da 24 rotoli costano meno rispetto alle confezioni da supermercato di pari numero. Tuttavia, se si guarda con attenzione alla lunghezza dei rotoli, il discorso cambia.

I rotoli in bambù destinati al mercato "consumer" sono spesso confezionati con cura, più corti ma più morbidi, e con più veli (solitamente tre). Ogni rotolo contiene circa 40-45 metri di carta. La carta igienica tradizionale da supermercato, invece, può variare molto: spesso ha due veli, è più sottile e contiene meno fogli per rotolo, ma resta comunque mediamente più economica al metro.

Il vero outsider in termini di convenienza è la carta igienica riciclata industriale: rotoli molto lunghi (anche 200 metri), spesso pensati per uffici o comunità, venduti online o nei grandi store per la casa e l'ufficio. Qui il prezzo al metro scende drasticamente, anche se si perde in comfort e praticità. Non so se avete presenti quei rotoloni giganti che difficilmente troverebbero posto nei bagni tradizionali. 

In pratica, il bambù non è la scelta più economica, ma può diventarlo se acquistato in grandi quantità e usato in modo consapevole. Va anche considerato che la carta igienica in bambù ha spesso una resistenza maggiore: se ne usa meno per ottenere lo stesso risultato.

Dove si trova? È davvero comoda da reperire?

Qui arriva uno dei veri limiti. Nei supermercati italiani, trovare carta igienica in bambù è ancora difficile. La maggior parte delle proposte arriva dall’e-commerce: brand italiani ed europei come Bamboi o The Cheeky Panda vendono confezioni grandi, ecologicamente confezionate, e spesso con iniziative plastic-free. Ma questo richiede un minimo di programmazione e spazio per lo stoccaggio.

La carta riciclata, invece, è molto più facile da trovare nei supermercati, anche se spesso è proposta come prodotto “secondario” rispetto alle marche più blasonate. Non sempre è comoda o morbida, ma ha il vantaggio di avere un ciclo produttivo interno, spesso italiano o europeo, riducendo anche l’impatto del trasporto.

Sostenibilità, ma non a occhi chiusi

Passare al bambù è un gesto lodevole, ma non basta acquistare un prodotto "green" per fare la differenza. Bisogna considerare anche come viene prodotto, dove, e con quale filiera. Se il bambù arriva dalla Cina, impacchettato in plastica e spedito via aereo, l'impatto ambientale potrebbe addirittura annullare i benefici del materiale.

Per questo, è importante scegliere marchi trasparenti, che dichiarano l’origine del bambù, i processi di produzione, e utilizzano imballaggi plastic-free o biodegradabili.

Una scelta personale, ma consapevole

In conclusione, la carta igienica in bambù è una buona alternativa per chi cerca un prodotto più ecologico, ipoallergenico e durevole, ma non è (ancora) la scelta più comoda o più economica per tutti. La carta riciclata resta una valida opzione intermedia, più accessibile e comunque rispettosa dell’ambiente.

La vera sostenibilità, come spesso accade, sta nella consapevolezza: sapere cosa si compra, da dove viene e quanto impatta. Anche per un gesto quotidiano apparentemente banale come scegliere la carta igienica.


Qualche consiglio pratico per l’acquisto online

Se decidi di provare la carta igienica in bambù, acquistare online è quasi inevitabile. Il primo consiglio è puntare su confezioni da almeno 24 rotoli: il prezzo al rotolo scende drasticamente e si evita di dover ordinare spesso. VER ad esempio per i numerosi affitti che vanno via come il pane, fa una grande scorta. Attenzione però allo spazio in casa, perché i pacchi sono voluminosi.

Controlla che il sito o il venditore specifichi:

  • Origine del bambù (meglio se coltivato in aree certificate FSC),
  • Produzione europea o comunque con spedizione via nave e non via aereo,
  • Imballaggi plastic-free, spesso in carta riciclata o compostabile,
  • Trasparenza sui materiali (assenza di cloro, profumi, coloranti).

Tra i marchi affidabili trovi The Cheeky Panda, Bumboo, Bamboi, Ecoleaf, ma anche catene come Ecovibe, Greenweez o Negozio Leggero propongono alternative valide.

Occhio ai marketplace: su Amazon i prezzi sono variabili, e non sempre la provenienza è chiara. Meglio preferire i siti ufficiali dei produttori o e-commerce specializzati in prodotti ecologici.

Infine, se vuoi fare una prova senza spendere troppo, esistono formati campione da 6 rotoli, pensati proprio per testare qualità e compatibilità con la sensibilità della propria pelle. Un piccolo gesto per un cambio (di abitudini) che può valere molto.




Nirvana - Nevermind



 Autore: Nirvana
Anno: 1991
Tracce: 12 (+1)
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C’erano anni in cui scegliere da che parte stare sembrava una questione vitale. O eri con i Guns N’ Roses o con i Nirvana. E io, ovviamente, tifavo per i Guns. In quella logica binaria che oggi fa un po’ ridere, ma che all’epoca era tutto, i Nirvana erano “quei depressi” senza veri assoli, senza virtuosismi, senza piroette alla Slash. E forse c'era stata una litigata tra Axl e Kurt. 

Eppure Nevermind entrò in casa mia. Di nascosto, quasi vergognandomi. Una trasgressione interna, una piccola frattura nel mio tifo metallico. L’occhio – e anche l’orecchio – era stato catturato dalla copertina, quel neonato lanciato sott'acqua verso una banconota, e dal video di Smells Like Teen Spirit che girava in loop su MTV: sudore, capelli lunghi, cheerleader ambigue e quella rabbia che mi parlava anche se non volevo.

Il primo ascolto fu confuso. Non era roba mia, pensavo. Troppo sporca, troppo semplice, troppo… diversa. Ma il seme era piantato. E mentre Lithium martellava la mia stanza, mentre Come As You Are strisciava nel cervello con quel riff ipnotico, mi accorsi che il muro stava crollando. Nevermind non era “meglio” o “peggio” dei miei dischi idolatrati. Era un’altra cosa. Un pugno in faccia al manierismo, una voce rotta che diceva la verità, anche stonata.

A posteriori, si capisce bene perché Nevermind ha spazzato via una certa estetica anni '80 e aperto la porta al decennio successivo. Uscito nel settembre 1991, prodotto da Butch Vig e pubblicato dalla Geffen (un caso?) , è stato il disco che ha traghettato il grunge dal sottosuolo di Seattle alle classifiche mondiali. L’album superò in vendite Dangerous di Michael Jackson nel gennaio '92, diventando il simbolo di una generazione alienata e disillusa, quella del post-Reaganismo, del nichilismo da centro commerciale, delle camicie a quadri e delle Converse sfondate. L' anticommerciale vendeva e parecchio. 

I brani sono diventati inni. Smells Like Teen Spirit, con quel riff alla Pixies reso esplosivo, è considerato da molti il vero inizio degli anni Novanta musicali. In Bloom attacca con sarcasmo chi ascolta la band senza capirla. Breed è un'esplosione di ansia compressa. Polly, acustica e disturbante, racconta con crudezza un caso di cronaca nera, e Something in the Way, cupa e sommessa, chiude l'album come un sussurro esausto.

Con gli anni ho capito che quel disco era un punto di svolta. Non solo per la musica, ma anche per il mio approccio musicale. C'era bisogno di un Kurt Cobain che urlasse il malessere senza metterci troppa scena. E oggi, se penso a quel ragazzino che nascondeva il cd dietro Use Your Illusion II, gli darei una pacca sulla spalla. Bravo, Jack. Hai fatto bene.


domenica 6 aprile 2025

Roma 1 - Juventus 1

 
Prima che iniziasse la partita ci avrei fatto al firma sul pareggio. La Roma, nel girone di ritorno, è la squadra più vincente del campionato e noi veniamo da troppe partite con molti bassi ed una situazione da risistemare, soprattutto con il cambio allenatore in corsa. Però con i primi venti minuti a fuoco, la gara sembrava direzionata verso la vittoria bianconera, sebbene certi ritmi siano impossibili da tenere per tutta la partita. Inoltre la Roma ha saputo riorganizzarsi  e rendersi pericolosa. Abbiamo quindi assistito ad un bellissimo primo tempo, mentre nella ripresa entrambe le compagini sono state più spigolose, meno corali ed hanno cercato di sfruttare maggiormente le occasioni singole piuttosto che crearne con la tattica. E' evidente che, per quanto ci riguarda il lavoro da fare abbonda, e soprattutto alcuni nomi non sono adatti a questi palcoscenici. Ma tra infortuni e scelte di mercato sbagliate in questi anni ci ritroviamo nella situazione di dover tamponare il più possibile e raccogliere punti. La classifica non ci sorride, ma neanche ci sputa addosso: a salire abbiamo Milan a 48 che non dovrebbe destare nessuna preoccupazione, Fiorentina a 52, Roma a 53, la Lazio a 55 e noi appaiati al Bologna (che giocherà domani sera con il Napoli) a 56. Quinto posto quindi, ma con Atalanta terza soli 58 punti. In dieci punti quindi una lotta strenua per l'Europa. Quale però? Noi ci crediamo #finoallafine.

Giovanni Burgio - Infezione Genomica

Infezione genomica
Autore: Giovanni Burgio
Anno: 2010
Titolo originale: Infezione Genomica
Voto: 3/5
Pagine: 305
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Trama del libro e quarta di copertina:
Tre piste narrative si dipanano in questo romanzo. Tre piste che si uniranno in un finale imprevedibile: quella che riguarda un gruppo di ricerca dell'università di Bologna, l'altra è quella di una misteriosa società segreta tedesca, e infine quella di un'infermiera che suo malgrado viene coinvolta nella vicenda. Tutto ruota attorno al contrasto che si viene a creare tra due mondi: quello scientifico e quello teosofico, conseguente alla scoperta che nel DNA umano ci sono tracce del DNA di batteri. 

Commento personale e recensione:
Ci ho messo quasi tre anni a finirlo, ma non fraintendete: Infezione Genomica di Giovanni Burgio non è un romanzo noioso né tanto meno ostico. È stato piuttosto il mio personale ritmo di lettura a renderlo una compagnia dilatata nel tempo. L’ho letto soltanto in spiaggia, alternandolo ad altri libri, e così la trama ha finito per seguire il ciclo delle estati, delle onde e delle pause tra un bagno e l’altro.

Il romanzo si muove con passo deciso tra scienza, una possibile distopia e riflessione esistenziale. Burgio costruisce una narrazione che si nutre di inquietudini contemporanee — tra biotecnologie, manipolazione genetica e derive etiche — ma senza rinunciare a un impianto narrativo solido e personaggi credibili. Nonostante la materia trattata sia complessa, il testo non scivola mai nel didascalico: è piuttosto un invito a pensare, a farsi domande, a riflettere su ciò che significa davvero “umanità” in un mondo che sembra volerla superare.

La scrittura è chiara, sobria, quasi chirurgica nel modo in cui incide sulla trama le sue traiettorie più tese. Eppure, qua e là, non mancano aperture liriche e momenti di autenticità emotiva che rendono il romanzo vivo, persino intimo.

Forse non è un libro per tutti — richiede attenzione, disponibilità ad accogliere concetti scientifici e a lasciarsi trascinare in un futuro inquietante ma plausibile — ma chi accetta la sfida sarà ripagato.

Tre anni, dicevo, ma ne è valsa la pena. E anzi, forse proprio questa lettura lenta e intermittente ha reso il libro ancora più memorabile, come quelle conversazioni che riprendi di tanto in tanto con vecchi amici, ogni volta un po’ più profonde.

 

Camping (1957)

Camping
Regia: Franco Zeffirelli
Anno: 1957
Titolo originale: Camping
Voto e recensione: 5/10
Pagina di IMDB (6.1)
Pagina di I Check Movies
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Film:

A volte capita di pescare un titolo dal mucchio della propria collezione senza ricordarne il motivo dell’acquisto. Con Camping di Franco Zeffirelli è successo proprio così. Forse la curiosità per il debutto cinematografico di un regista poi divenuto maestro del melodramma e del teatro filmato, forse l’idea che potesse nascondere qualche scintilla anticipatrice. Spoiler: non la nascondeva.

Camping è una commedia leggera, anzi leggerissima, ambientata in un campeggio sul mare dove si intrecciano storie d’amore, gelosie da villeggiatura e caricature sociali. C’è il romano spaccone, la bella ingenua, il fidanzato sospettoso, e varie comparse che portano avanti alcune scene. Il tutto avvolto in un tono da “vacanze in bianco e nero” che oggi suona più stanco che nostalgico.

Il problema principale è che il film non ha mai davvero un’identità: né abbastanza cinico per essere satira, né abbastanza buffo per strappare risate. Però c'è da dire che serve per farsi  un'idea dello spaccato del periodo, in cui già molte cose stavano cambiando. Alcuni passaggi sembrano sketch scollegati più che una narrazione coerente, e anche il ritmo risente dell’ingenuità dell’esordio.

Ma è il finale che potrebbe lasciare l’amaro in bocca (non a me, ma in generale): gli schiaffi che si scambiano Marisa Allasio e Paolo Ferrari, in una sorta di balletto della gelosia risolto a suon di ceffoni, oggi non fanno ridere. E non dovrebbero. Sono il sintomo di un’epoca in cui la violenza domestica si camuffava da farsa sentimentale. Un momento che potrebbe mettere a disagio e che fa scattare più riflessioni che sorrisi.

Vale la visione solo per completismo o per chi ha voglia di vedere da dove è partito Zeffirelli, prima di diventare "Zeffirelli". Un pezzo d’epoca che, come certe tende da campeggio anni ’50, oggi mostra tutte le cuciture allentate.



Edizione: DVD
Versione in DVD con traccia italiana in stereo ed i seguenti extra: 
  • Locandina originale
  • Galleria fotografica
  • 3 schede testuali
 

Prova fallita di primo mare

 
Doveva essere una giornata di mare. L’idea era quella: partire da Calamoresca, percorrere un pezzo di sentiero e poi fermarsi in una delle cale a prendere il sole, magari con un bagno improvvisato, come premio anticipato di primavera. E leggere un libro (di carta perché in spiaggia fa troppa più scena) 

E invece no.

Rispetto a ieri il sole c’era, ma il vento anche. Quello che ti punge le spalle e ti fa dire: "mah, forse ancora no". Così ho continuato a camminare. Nella prima parte del percorso c’era anche Ikkio, che ha condiviso con me il tratto iniziale prima di deviare per la via del Crinale e tornare indietro. Io ho tirato dritto, verso il Reciso.

Un passo dietro l’altro, lungo un percorso che conosco a memoria, che ho fatto decine di volte. Ma ogni volta ha qualcosa di diverso da dirmi. Arrivato a Baratti, un saluto veloce al golfo, e poi via, di nuovo indietro. Ventina di chilometri, andata e ritorno, tra vento, silenzio, profumo di macchia e quella sensazione testarda che camminare – anche se già conosci la strada – serva sempre a qualcosa.

O forse no. Ma intanto si cammina.


sabato 5 aprile 2025

Trekking a Castellina Marittima

 
Pioggia, economia, impegni vari mi hanno tenuto lontano per un po' di tempo dalle escursioni al di fuori del Principato. Oggi, con un sole da incignare il primo giorno di mare, ho invece deciso di andare per le campagne intorno a  Castellina Marittima: situata su una collina vicino alla costa,  offre panorami che spaziano fino alle isole dell'Arcipelago Toscano, tra cui Elba, Capraia, Gorgona e persino la Corsica. Il borgo è noto per le sue cave di alabastro, sfruttate sin dall’epoca etrusca, che hanno contribuito allo sviluppo dell’artigianato locale. Da qui in pochi chilometri di percorso solco le Colline Pisane per raggiungere Poggio Pianacce che, con i suoi 661 metri di altitudine, è il punto più elevato del comune di Castellina Marittima e la seconda cima della provincia di Pisa.Situato a circa un chilometro a est del borgo, offre viste panoramiche mozzafiato sulle colline circostanti e sul litorale. Durante il tragitto molte conformazioni rocciose differenti come le famose Rocce Bianche (punto panoramico), boschi, vecchie cave dismesse. 

Album fotografico Castellina Marittima

venerdì 4 aprile 2025

NordVPN

 



NordVPN: protezione invisibile per chi non vuole vivere in trincea digitale

Viviamo in un tempo in cui la privacy è un campo minato. Anche quando pensiamo di navigare al sicuro, ci dimentichiamo che il nostro indirizzo IP, la posizione geografica e le nostre abitudini online vengono tracciate, profilate e – nel peggiore dei casi – sfruttate. Le VPN nascono per questo: diventano tunnel sicuri nel caos della rete, proteggendoci non solo dalla sorveglianza di massa, ma anche da occhi più piccoli e pericolosi, come quelli di chi intercetta le connessioni Wi-Fi pubbliche o prova a limitare i contenuti per area geografica.

Tra le tante soluzioni disponibili (ad esempio quella offerta da Google One) , NordVPN è oggi uno degli strumenti più solidi, facili da usare e bilanciati in termini di costi e prestazioni. Ho deciso di testarla da cima a fondo, immaginando l’utente medio italiano: uno che naviga, guarda streaming, si connette da smartphone e magari lavora da remoto.

Interfaccia e facilità d’uso: per umani, non per cyborg

Installare NordVPN è una questione di minuti. Disponibile su Windows, macOS, Android, iOS, Linux e anche su router, permette di proteggere fino a 6 dispositivi con un solo abbonamento. L’app è elegante e immediata: una mappa interattiva per selezionare il Paese da cui "virtualmente" uscire, un pulsante grande per attivare la protezione e tante opzioni avanzate per i più smanettoni, ma senza infastidire chi vuole solo accendere e spegnere.

Per l’Italia, sono disponibili server a Milano, rapidi e ideali per chi vuole usare app bancarie o contenuti geo-limitati senza intoppi. La connessione è stabile, veloce, e raramente ho dovuto riconnettermi.

Velocità: sotto la maschera, corre come una lepre

Una delle paure legittime con le VPN è la perdita di velocità. Con NordVPN, questo impatto è minimo. Anche se non tutti dispongono della fibra, su connessioni medio alte (100 Mbps in download), si viaggia tra i 70 e i 90 Mbps. Più che sufficienti per streaming in HD o 4K, videochiamate fluide e download veloci. 

I server sono oltre 6000, in più di 60 Paesi, e NordVPN usa una tecnologia chiamata NordLynx (basata su WireGuard), che rende la connessione criptata quasi invisibile in termini di latenza.

Privacy e sicurezza: la trincea è blindata

NordVPN non registra log, non salva i siti visitati né gli IP usati. La sede è a Panama – fuori da alleanze di sorveglianza come Five Eyes – e ha superato vari audit indipendenti, anche di società esterne come PwC.

Offre inoltre:

  • Kill Switch automatico, che interrompe la connessione in caso di caduta della VPN
  • Protezione da malware e phishing con la funzione Threat Protection
  • Split tunneling, per scegliere quali app passano dalla VPN e quali no
  • Possibilità di usare server Onion over VPN o Double VPN, per i più paranoici

Streaming e contenuti geo-limitati

Una delle gioie delle VPN è l’accesso a cataloghi esteri di Netflix, Prime Video, BBC iPlayer e altri servizi. NordVPN è tra le poche che ancora bypassano i blocchi con successo, anche su Netflix USA, UK e Giappone.

In Italia, permette anche di accedere a RaiPlay, Mediaset Infinity o Sky Go dall’estero, utile per chi viaggia o vive fuori.

Assistenza e costi

Il supporto clienti è disponibile 24/7 via chat, efficiente e cordiale. Una rarità. Il sito è in italiano, e ci sono anche tutorial ben fatti per configurare la VPN su dispositivi meno comuni.

Quanto costa? I piani cambiano spesso, ma si aggirano intorno a:

  • 3€/mese con il piano biennale
  • 4-5€/mese con il piano annuale
  • 12€/mese se si vuole pagare mensilmente

Puoi controllare tutte le offerte attive qui: nordvpn.com/it/pricing

E c’è anche una garanzia soddisfatti o rimborsati di 30 giorni, utile per testarla senza ansie.


Conclusione

NordVPN è una scelta sicura, veloce e ben progettata, adatta sia a chi non ha mai usato una VPN sia a chi ha esigenze più avanzate. Per l’utente italiano medio, è perfetta: garantisce privacy, streaming senza barriere e sicurezza sulle reti pubbliche.

Non è gratuita, ma vale ogni centesimo se si vuole vivere online con una buona dose di libertà e consapevolezza. Come avere una serratura invisibile alla porta di casa: nessuno la vede, ma protegge tutto quello che conta.



The Million Dollar Hotel (2000)


Regia: Wim Wenders
Anno: 2000
Titolo originale: Wim Wenders
Voto e recensione: 6/10
Pagina di IMDB (5.7)
Pagina di I Check Movies
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Film:

Ci sono film che non si limitano a raccontare una storia, ma la evocano, la sussurrano tra le immagini e le note della colonna sonora, creando un’esperienza più sensoriale che narrativa. "The Million Dollar Hotel" di Wim Wenders appartiene a questa categoria.

Non è un film per tutti. Chi cerca una narrazione lineare, un intreccio solido e un ritmo incalzante potrebbe trovarlo frustrante. Ma per chi è disposto ad abbandonarsi alla sua atmosfera sospesa, alla malinconia dei personaggi e a un’estetica quasi onirica, diventa un’opera raffinata e ipnotica.

Il punto di forza del film è il modo in cui Wenders trasforma un luogo, un vecchio hotel fatiscente nel cuore di Los Angeles, in un microcosmo a sé stante, abitato da anime perdute e reietti della società. Qui la realtà sembra filtrata da un velo di sogno, e tutto si muove con una lentezza quasi meditativa, amplificata dalla colonna sonora firmata da Bono e dagli U2, che avvolge le immagini con un sound etereo e avvolgente.

L’aspetto visivo è altrettanto importante: la regia di Wenders cattura il senso di solitudine e straniamento con inquadrature che sembrano quadri in movimento. Ogni scena è costruita con un’estrema attenzione alla composizione, facendo emergere la bellezza anche negli angoli più decadenti.

"The Million Dollar Hotel" è un film che si ama o si odia, senza mezze misure. Non è un thriller, non è un dramma convenzionale: è un’esperienza. Per chi è sensibile a una certa poesia visiva e narrativa, può rivelarsi un piccolo gioiello. Per chi invece cerca una trama ben definita e ritmi sostenuti, potrebbe risultare un esercizio di stile fine a sé stesso. Ma in entrambi i casi, è difficile rimanere indifferenti.


Edizione: bluray
Custodia Scanavo, traccia italiana in DTS HD MA multicanale ed i seguenti extra:
  • Trailer
  • Backstage (9 minuti)
  • Interviste (30 minuti)
  • Scene tagliate (14 minuti)
  • Intervista a Wim Wenders (25 minuti)
 
 

giovedì 3 aprile 2025

Chrome OS Flex

 

Tante, tante volte ho proposto e provato diversi sistemi operativi per PC di ogni tipo. Soprattutto quelli da battaglia, i cosiddetti muletti per ogni evenienza. Quelli da poverini che ritrovi da qualche parte e non vuoi buttare perché oggi è difficilissimo smaltire legalmente ed ecologicamente. Quindi, nonostante il mondo vada avanti e creino computer quantistici sempre più potenti , c'è chi si accontenta di dare seconda vita, anche soltanto testando, ad un vecchio portatile.

Dai nuova vita al tuo vecchio portatile con Chrome OS Flex

Se hai un vecchio PC che fatica a reggere Windows potresti trasformarlo in un Chromebook con Chrome OS Flex. Questo sistema operativo leggero e veloce di Google permette di ridare usabilità ai dispositivi datati, offrendo un'esperienza fluida e sicura.


Perché scegliere Chrome OS Flex?

  • Leggero e veloce: Ideale per dispositivi con hardware datato, con avvii rapidi e prestazioni fluide.
  • Sicuro: Gli aggiornamenti automatici e il sandboxing delle applicazioni riducono il rischio di malware.
  • Basato su cloud: Perfetto per chi utilizza principalmente servizi online come Google Drive, Gmail e YouTube.
  • Compatibile con diversi dispositivi: Supporta molti modelli di PC e Mac, anche di 10+ anni fa.

Requisiti minimi per l'installazione

Google fornisce una lista di dispositivi certificati, ma i requisiti minimi generali sono:

  • CPU: Intel o AMD x86-64 (non supporta processori ARM)
  • RAM: Almeno 4 GB
  • Storage: Almeno 16 GB
  • Avvio da USB: Il PC deve supportare il boot da USB
  • BIOS compatibile: Alcuni modelli molto vecchi potrebbero avere problemi

Come installare Chrome OS Flex su un vecchio portatile

1. Scaricare lo strumento di creazione del supporto USB

Per creare una chiavetta USB avviabile con Chrome OS Flex, serve l'estensione Chromebook Recovery Utility: Scarica Chromebook Recovery Utility

2. Creare la chiavetta USB avviabile

  • Apri Chromebook Recovery Utility in Chrome.
  • Seleziona "Avanti" e poi "Modello personalizzato".
  • Scegli "Google Chrome OS Flex" e crea il supporto USB (minimo 8 GB).

3. Avviare il PC dalla chiavetta USB

  • Riavvia il computer e accedi al BIOS (solitamente premendo F2, F12, ESC o DEL all'avvio).
  • Seleziona la chiavetta USB come dispositivo di avvio principale.

4. Provare o installare Chrome OS Flex

  • Puoi scegliere "Prova prima di installare" (senza modificare il disco) oppure "Installa" per sostituire il sistema esistente.

Per la guida ufficiale dettagliata: Istruzioni di installazione


Limitazioni di Chrome OS Flex

  • Niente Play Store: A differenza dei Chromebook ufficiali, non supporta le app Android.
  • Compatibilità hardware variabile: Touchscreen, lettori di impronte e alcune periferiche potrebbero non funzionare.
  • Meno flessibile di Linux: Se cerchi personalizzazione avanzata, potresti valutare una distribuzione Linux.

Per chi è ideale?

  • Chi usa principalmente il browser per navigazione, email, streaming e documenti.
  • Chi vuole un PC veloce per compiti di base.
  • Chi ha un vecchio portatile che non regge più Windows.

Se vuoi scoprire se il tuo dispositivo è compatibile, consulta la lista ufficiale: Dispositivi certificati

Con Chrome OS Flex, il tuo vecchio PC può avere una seconda vita senza costi aggiuntivi. Sei pronto a provarlo?


Bulletproof Man (2011)


Regia: Jonathan Hensleigh
Anno: 2011
Titolo originale: Kill The Irishman
Voto e recensione: 5/10
Pagina di IMDB (7.0)
Pagina di I Check Movies
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In questi giorni Val Kilmer ci ha abbandonati e così ho cercato di omaggiarlo guardandomi uno dei tanti film in cui è stato tra i protagonisti. VER ne ha recensiti diversi, ma mancava (tra gli altri) Bulletproof Man, presente su Amazon Prime Video. Sicuramente non il più iconico, ma ogni tassello è importante nella vita di un grande attore.

Bulletproof Man, conosciuto anche come Kill the Irishman, è un film del 2011 diretto da Jonathan Hensleigh. Basato su eventi reali, racconta la storia di Danny Greene, un boss della malavita irlandese che sfidò apertamente la mafia italiana nella Cleveland degli anni '70. Il protagonista è interpretato da Ray Stevenson, mentre Val Kilmer veste i panni del detective Joe Manditski, una figura chiave nell’indagine sul crimine organizzato della città.

Il film offre un ritratto brutale e realistico del mondo criminale, con una narrazione che alterna momenti di pura azione a sequenze più riflessive, in cui emerge la personalità carismatica e spregiudicata di Greene. La regia di Hensleigh è solida, con un buon ritmo e una ricostruzione d'epoca accurata, che restituisce l'atmosfera tesa e pericolosa di quegli anni.

Ray Stevenson si dimostra perfettamente calato nel ruolo del protagonista, conferendo a Danny Greene un mix di fascino e ferocia che rende il personaggio credibile e coinvolgente (da notare anche la ricerca di una vita sana con preferenze vegetariane e allenamenti costanti). Accanto a lui, un cast di grande livello, con attori del calibro di Vincent D’Onofrio, Christopher Walken e Paul Sorvino, che aggiungono spessore alla pellicola. Val Kilmer, pur avendo un ruolo secondario, lascia comunque il segno con la sua interpretazione misurata ma efficace.

Kill the Irishman è un gangster movie che, pur senza rivoluzionare il genere, riesce a intrattenere e a raccontare una storia avvincente, arricchita da un’ottima fotografia e da una colonna sonora che sottolinea il contesto storico e culturale. Il film è una piacevole sorpresa per chi ama il genere crime e una degna occasione per ricordare il talento di Val Kilmer, un attore che ha sempre saputo dare qualcosa di speciale a ogni suo personaggio.




 
 
 

mercoledì 2 aprile 2025

Dark Crystal (1982)


Regia: Jim Henson, Frank Oz
Anno: 1982
Titolo originale: The Dark Crystal
Voto e recensione: 6/10
Pagina di IMDb (7.1)
Pagina di I Check Movies
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Film:
"Dark Crystal" è un film del 1982 diretto da Jim Henson e Frank Oz (al suo primo lavoro come regista), un'opera pionieristica che ha ridefinito il cinema fantasy attraverso l'uso esclusivo di marionette e pupazzi animatronici (termine oggi in disuso). Ambientato nel mondo di Thra, la storia segue le avventure di Jen, l'ultimo sopravvissuto della razza dei Gelfling, incaricato di ripristinare l'equilibrio rompendo l'oscuro dominio degli spietati Skeksis. Tuttavia, il vero punto di forza del film non è tanto la trama, quanto l'incredibile lavoro di sviluppo e design che lo ha reso un capolavoro visivo e tecnico.

La concezione di "Dark Crystal" nacque dall'ossessione di Jim Henson per le fiabe oscure e le mitologie antiche. L'universo del film fu plasmato grazie alla collaborazione con Brian Froud, illustratore di talento che creò l'estetica unica delle creature e degli ambienti. Ogni dettaglio visivo, dalle architetture alle piante di Thra, fu studiato per sembrare parte di un mondo organico e antico, con un forte richiamo all'Art Nouveau e alle forme naturali.

Un aspetto rivoluzionario del film fu l'uso avanzato delle marionette. Le creature di "Dark Crystal" erano dotate di meccanismi sofisticati che permettevano un'ampia gamma di espressioni facciali e movimenti fluidi. Gli Skeksis, per esempio, richiedevano più operatori per essere manovrati: uno per la testa e la bocca, uno per le mani e altri per i movimenti corporei. La tecnologia animatronica utilizzata fu tra le più avanzate del periodo, gettando le basi per film successivi come "Labyrinth".

Curiosamente, il film inizialmente prevedeva che gli Skeksis parlassero una lingua inventata, ispirata a lingue antiche come il tedesco medievale e l'egiziano. Tuttavia, i test di proiezione rivelarono che il pubblico faceva fatica a seguire la storia, portando alla decisione di doppiarli in inglese. Anche le scene di volo dei Landstrider, le creature simili a giraffe che aiutano i Gelfling, furono una sfida tecnica: gli attori che li interpretavano camminavano su trampoli appositamente progettati, dando l'illusione di una locomozione naturale.

Rivedere "Dark Crystal" oggi significa immergersi in un mondo che non ha perso il suo fascino. Le tecnologie digitali hanno ormai soppiantato gli effetti pratici, ma il film rimane una testimonianza di quanto si potesse ottenere con maestria artigianale e creatività pura. Un'opera da riscoprire, soprattutto per chi apprezza il lato artistico e tecnico della cinematografia fantasy. Io non sono mai stato un fan del genere, ma alcuni lavori gasano.

Edizione: doppio DVD
Collector's Edition di scarso valore economico, ma contenente due dischi DVD. Nel primo il film con traccia in Dolby Digital a 4 canali, rarissima come cosa ed il secondo con esclusivamente contenuti extra. Ecco come questi sono suddivisi:
Disco 1:
  • Commento audio di Brian Froud
Disco 2: 
  • The World of The Dark Crystal (57 minuti)
  • Reflections of  The Dark Crystal (37 minuti)
  • 8 scena extra
  • 2 gallerie fotografiche
 

martedì 1 aprile 2025

Queen - News Of The World

 



Autore: Queen
Anno: 1977
Tracce: 11
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Ci sono album che definiscono un'epoca, e poi ci sono album che sfidano il tempo stesso. News of the World appartiene a questa seconda categoria. Pubblicato nel 1977, è un'opera che non solo cattura l'energia e la versatilità dei Queen, ma consolida il loro status di icone immortali del rock. Con la sua iconica copertina disegnata da Frank Kelly Freas, l'album porta con sé un senso di grandiosità e drammaticità che si riflette perfettamente nella musica. Personalmente, ho incorniciato nel mio angolo musicale la versione pubblicitaria della copertina in cui il robot cerca di catturare gli uomini con la sua grande mano.

Fin dall'inizio, l'impatto è devastante: We Will Rock You e We Are the Champions sono inni destinati all'eternità, costruiti per riempire stadi e scolpiti nella memoria collettiva della cultura musicale. Sono brani che superano il concetto stesso di canzone rock e diventano simboli.

Ma sarebbe un errore ridurre l'album solo a questi due giganti. Sheer Heart Attack (da non confondere con l'omonimo albumè un'esplosione punk aggressiva che anticipa certe sonorità della fine degli anni '70, mentre Spread Your Wings dimostra la sensibilità melodica di John Deacon con una ballata che si libra con grazia sopra riff avvolgenti. Fight from the Inside e Get Down, Make Love mostrano il lato più sporco e sperimentale della band, con influenze funk e hard rock fuse in un mix di potenza e sensualità.

Sleeping on the Sidewalk, con il suo groove bluesy e l'approccio rilassato di Brian May, offre una pausa prima che Who Needs You introduca sonorità latineggianti in un album già incredibilmente vario. La chiusura con It's Late e My Melancholy Blues conferma il genio compositivo della band: il primo è un viaggio epico nel rock drammatico, il secondo un brano jazzato che Freddie Mercury trasforma in un'intima confessione.

A distanza di quasi cinquant'anni, News of the World rimane un'opera imprescindibile per chiunque voglia comprendere la grandezza dei Queen. Non solo un album di successo, ma una dichiarazione d'intenti: i Queen non si sarebbero mai fermati davanti a nulla, esplorando generi, suoni e dinamiche con un coraggio che ancora oggi ispira. E forse, proprio come il robot di Freas che ci guarda dalla copertina, continueranno a farlo per sempre.



Ghiblification

 

Il Diluvio di Facce Ghibli e l’Inarrestabile Corsa all’Appiattimento Digitale

Ormai ci siamo dentro fino al collo: apri un social qualsiasi e vieni sommerso da un’orda di facce trasformate in personaggi da cartone animato. Tutti, ma proprio tutti, sembrano essere diventati protagonisti di un film dello Studio Ghibli, con occhi luccicanti e fondali bucolici da sogno. Il problema? Questo trend è ormai ovunque, talmente diffuso che persino il mio frigorifero potrebbe decidere di presentarsi con un filtro anime mentre cerco di prendere un succhino. 

E ovviamente non ho potuto fare a meno di provarlo anch’io. Perché sì, è una moda un po’ scocciante, ma è anche maledettamente divertente.

Benvenuti nell’era del Ghibli-fication selvaggio

Non fraintendetemi, il fascino di vedere la propria faccia trasformata in un’illustrazione d’autore è innegabile. Ti senti un po’ come quei due quando scoprono Totoro per la prima volta: un mondo magico e affascinante che ti fa sorridere… fino a quando non realizzi che ogni singola persona sui social ha incontrato lo stesso Coso e ora siamo circondati da cloni digitali con la medesima espressione sognante.. Un esercito di copie che avanzano inesorabili, pronti a riempire le bacheche con versioni alternative di se stessi.

E non finisce qui: perché limitarsi allo stile Ghibli quando puoi diventare un personaggio Disney, un Simpson, un supereroe Marvel o persino una versione animata di te stesso nel peggior stile generato dall’intelligenza artificiale? Il tutto mentre gigabyte di dati personali vengono allegramente ceduti a qualche misteriosa startup, che nel frattempo si sta costruendo un database mondiale di volti, magari per scopi “innocui” (forse).

IA: salverà il mondo o ci trasformerà tutti in adesivi?

Quando ci hanno promesso che l’intelligenza artificiale avrebbe migliorato l’umanità, l’idea era un tantino più ambiziosa di "trasformare ogni selfie in un cartone animato". E invece eccoci qui, a usare il più grande balzo tecnologico del secolo per giocare a fare i protagonisti di un film animato. Diciamo che se Skynet deciderà di sterminarci tutti, un po’ ce la saremo cercata.

Nel frattempo, però, ci divertiamo. Perché sì, è un’idiozia, ma è un’idiozia simpatica. C’è qualcosa di affascinante nel vedersi trasportati in un universo illustrato, anche se lo fanno tutti, anche se non è per niente originale, anche se ormai anche il tuo capo ha messo la sua versione anime su LinkedIn e sai che qualcosa è andato terribilmente storto.

E il copyright? Ci vediamo in tribunale!

C’è poi il piccolo dettaglio della legalità. Perché, sorpresa sorpresa, il mondo dell’animazione non è esattamente entusiasta di questo saccheggio visivo su scala globale. Gli artisti tradizionali (quelli veri, che disegnano con le mani e non con un algoritmo) sono già sul piede di guerra, mentre gli avvocati dei grandi studi cinematografici stanno probabilmente sfregandosi le mani in attesa della prima maxi-causa per violazione di copyright.

Quindi, ecco lo scenario più probabile: ci divertiremo per qualche mese, poi arriverà qualche colosso dell’intrattenimento a spegnere la festa, tra denunce, blocchi e app improvvisamente sparite dal mercato. A quel punto ci guarderemo indietro e ci chiederemo: “Era davvero così necessario?”.

Ovviamente no.

Ma era divertente? Maledettamente sì.

Conclusione: continuiamo a giocare, ma con moderazione

In fondo, non c’è nulla di male nel divertirsi con questi filtri e lasciarsi prendere dall’entusiasmo di vedersi in versione cartone animato. Basta solo non perdere il controllo e non trasformare i nostri feed in un’infinita galleria di sosia digitali, almeno finché non inventeranno qualcosa di ancora più inutile con cui distrarci.

E ora scusatemi, devo tornare a generare la mia versione Ghibli con un gatto parlante e una città sospesa nel cielo. Perché sì, lo so, ho appena criticato questa moda… ma resistere è impossibile. Anzi vi metto la versione di me POVERINO, rubata da LeonardoIA, senza chiamare in causa stili al momento abusati: