Pagine

lunedì 7 aprile 2025

Nirvana - Nevermind



 Autore: Nirvana
Anno: 1991
Tracce: 12 (+1)
Acquista CD su Amazon



C’erano anni in cui scegliere da che parte stare sembrava una questione vitale. O eri con i Guns N’ Roses o con i Nirvana. E io, ovviamente, tifavo per i Guns. In quella logica binaria che oggi fa un po’ ridere, ma che all’epoca era tutto, i Nirvana erano “quei depressi” senza veri assoli, senza virtuosismi, senza piroette alla Slash. E forse c'era stata una litigata tra Axl e Kurt. 

Eppure Nevermind entrò in casa mia. Di nascosto, quasi vergognandomi. Una trasgressione interna, una piccola frattura nel mio tifo metallico. L’occhio – e anche l’orecchio – era stato catturato dalla copertina, quel neonato lanciato sott'acqua verso una banconota, e dal video di Smells Like Teen Spirit che girava in loop su MTV: sudore, capelli lunghi, cheerleader ambigue e quella rabbia che mi parlava anche se non volevo.

Il primo ascolto fu confuso. Non era roba mia, pensavo. Troppo sporca, troppo semplice, troppo… diversa. Ma il seme era piantato. E mentre Lithium martellava la mia stanza, mentre Come As You Are strisciava nel cervello con quel riff ipnotico, mi accorsi che il muro stava crollando. Nevermind non era “meglio” o “peggio” dei miei dischi idolatrati. Era un’altra cosa. Un pugno in faccia al manierismo, una voce rotta che diceva la verità, anche stonata.

A posteriori, si capisce bene perché Nevermind ha spazzato via una certa estetica anni '80 e aperto la porta al decennio successivo. Uscito nel settembre 1991, prodotto da Butch Vig e pubblicato dalla Geffen (un caso?) , è stato il disco che ha traghettato il grunge dal sottosuolo di Seattle alle classifiche mondiali. L’album superò in vendite Dangerous di Michael Jackson nel gennaio '92, diventando il simbolo di una generazione alienata e disillusa, quella del post-Reaganismo, del nichilismo da centro commerciale, delle camicie a quadri e delle Converse sfondate. L' anticommerciale vendeva e parecchio. 

I brani sono diventati inni. Smells Like Teen Spirit, con quel riff alla Pixies reso esplosivo, è considerato da molti il vero inizio degli anni Novanta musicali. In Bloom attacca con sarcasmo chi ascolta la band senza capirla. Breed è un'esplosione di ansia compressa. Polly, acustica e disturbante, racconta con crudezza un caso di cronaca nera, e Something in the Way, cupa e sommessa, chiude l'album come un sussurro esausto.

Con gli anni ho capito che quel disco era un punto di svolta. Non solo per la musica, ma anche per il mio approccio musicale. C'era bisogno di un Kurt Cobain che urlasse il malessere senza metterci troppa scena. E oggi, se penso a quel ragazzino che nascondeva il cd dietro Use Your Illusion II, gli darei una pacca sulla spalla. Bravo, Jack. Hai fatto bene.


Nessun commento:

Posta un commento